Commento

IL “LUPO” A PROCESSO

a cura di Sonia Rosini

11 Aprile 2022

È necessario parlare del lupo perché è diventato un problema che in questo periodo è sottoposto
all’esame di tutti; sia di coloro che lo idolatrano, ma anche di chi ne ha una visione meno mitologica
e più pragmatica, ci sono quelli che ne parlano perché oggi fa tendenza e purtroppo c’è anche chi ne
percepisce il pericolo, per la fauna selvatica, per quella domestica e finanche per le persone.
Fin da piccoli il lupo delle fiabe era l’icona del cattivo; da Cappuccetto rosso, ai tre porcellini, ai sette
capretti… ma il vero pericolo era per chi viveva a ridosso dei boschi e dei pascoli.

Nel medioevo, per proteggere gli animali al pascolo sono state attuate azioni di “contenimento
attivo”, tramite i cacciatori di lupi, i cosiddetti “lupari” ai quali spettavano ricompense di beni in
natura e anche in denaro. La questione è complessa e coinvolge molti ambiti che non possono essere approfonditi, in questa sede verrà trattato l’iter normativo che ha condotto il lupo a questa condizione.
Il lupo era considerato come specie “nociva” in tutti i paesi, il primo testo legislativo italiano in
materia di caccia e fauna selvatica risale al 1923 (R.d. 24 giugno 1923, n. 1420), ai sensi di questa
normativa veniva consentita l’uccisione con qualsiasi mezzo, l’articolo 18, prevedeva che: “La presa
degli animali nocivi e feroci può essere fatta anche con lacci, tagliole e bocconi…”.

Agli inizi degli anni ‘70 quando oramai il lupo era prossimo all’estinzione, l’emanazione del D.M. 23 luglio 1971 (c.d. decreto “Natali”) ne sospese la caccia per due anni e successivamente per altri tre anni con il D.M. 22 novembre 1976 cosiddetto decreto “Marcora” ne vietava la caccia, bandendo al contempo l’uso di bocconi avvelenati.

Il primo atto concreto volto ad intraprendere la tutela di questo carnivoro arriva con l’approvazione della Legge 968/77 (Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia), nella quale il lupo esce dallo status di “nocivo” per venire dichiarato specie integralmente protetta. Contestualmente viene trasformato lo status di tutta la fauna selvatica, che diviene da “res nullius” cioè “cose di nessuno” a “res communitatis” cioè “patrimonio indisponibile dello Stato”.

Lo spartiacque che decreta la salvezza del lupo è però la Convenzione di Berna, un accordo tra i paesi firmatari per la conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, firmata a Berna il 19 settembre 1979 e ratificata dall’Italia con la Legge 503/81.

La Convenzione di Berna definisce il lupo come specie strettamente protetta, ne istituisce una speciale protezione e ne vieta la cattura, l’uccisione, la detenzione ed il commercio. La normativa fondamentale che disciplina attualmente in modo sistematico e rigoroso la gestione del lupo è la Direttiva Habitat (92/43/CEE ratificata dall’Italia con D.P.R. 357/97), questa promuove la protezione degli habitat naturali di interesse comunitario, inserisce il lupo nell’Allegato II come specie d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione e nell’Allegato IV come specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa, proibendone la cattura, l’uccisione, il disturbo, la detenzione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione.

Sulla difesa del lupo in ambito nazionale, vige la Legge 157/92 “Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, cosiddetta “legge sulla caccia”, che inserisce il lupo
tra le specie particolarmente protette (art. 2, c. 1). In ambito internazionale a tutela del lupo è intervenuta la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione siglata nel 1975, che inserisce le popolazioni di lupo nelle appendici della Cites.

Il lupo è un animale predatore di straordinaria intelligenza, è veloce, resistente e molto adattabile alle esigenze ed alle diponibilità di cibo. Si trova al vertice della catena alimentare e praticamente non ha predatori, se escludiamo l’uomo. La ferrea protezione ha portato in breve ad una proliferazione dei branchi su tutto il territorio nazionale, causando negli anni crescenti conflitti con la zootecnia, esasperando gli allevatori che sempre più frequentemente hanno visto le proprie pecore, capre o mucche predati dall’animale.

I consistenti danni economici che derivano dalle incessanti predazioni stanno mettendo a dura prova non solo le singole aziende ma tutto il settore produttivo. Con la perdita dell’atavica paura che il lupo nutriva nei confronti dell’uomo, questo si è avvicinato progressivamente alle aree antropizzate, ingenerando un ulteriore conflitto con i possessori di animali domestici (cani, gatti e animali da cortile). Spesso questa predazione ha comportato anche delle aggressioni nei confronti dell’uomo, incrociando il lupo mentre si trovava in compagnia del proprio cane.

In Italia da un monitoraggio dell’ISPRA risalente al 2021, sono stati rilevati la presenza di oltre 3300 esemplari di lupo, numero in continua crescita e tale da non ritenerlo più una specie in via d’estinzione da parte dell’IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura). L’ubiqua presenza del lupo, il calo degli altri selvatici di interesse venatorio, i timori per le predazioni e per le aggressioni, ma anche i costi aggiuntivi per le gestioni del bestiame hanno inasprito il conflitto con la legittima esigenza di tutela del predatore.

Probabilmente ingenerato da tale conflitto si è assistito al ritorno del bracconaggio, che negli ultimi anni, ha tentato di arginare la proliferazione incontrollata del lupo, proprio come accadeva un secolo fa. La modalità di gestione attualmente adottata dal nostro Paese è definita “benign neglect” ovvero protezione sulla carta ma senza nessun intervento attivo, fatta eccezione per gli indennizzi somministrati dalle Regioni (tra l’altro di lieve entità) per i danni causati alle greggi a seguito di predazioni.

L’articolo 16 della direttiva Habitat nonché l’art. 11 del DPR 357/97 individuano le condizioni alle quali uno Stato membro può derogare alle rigorose disposizioni in materia di protezione, purché sia mantenuto lo “stato di conservazione soddisfacente” della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale” e in circostanze particolari, quali:

 per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali;
o per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà;
o nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente;
o per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante;
o per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all’allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti.

In effetti alcuni Stati Europei come Finlandia, Svezia, Romania, Slovacchia, Grecia, Spagna e Francia, hanno applicato le deroghe previste dalla Direttiva Habitat, iniziando il contenimento di questo predatore nel rispetto dello stato di conservazione ma tutelando l’interesse della sicurezza pubblica.

Al di fuori dell’Unione Europea, in stati come la Russia, Bielorussia, l’Ucraina, la Bosnia e la Macedonia, il lupo è legalmente cacciato e viene considerata come specie infestante e nociva. Il controllo selettivo del lupo in Italia è quindi già oggi possibile con le norme vigenti, tramite l’autorizzazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, sentiti per quanto di competenza il Ministero per le politiche agricole e l’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

La Pubblica Amministrazione deve essere lasciata libera di assumere decisioni certe da chi pone condizionamenti che influenzano a proprio vantaggio l’attività del legislatore, le decisioni del governo o di altri organi della pubblica amministrazione, perché la normativa c’è basta applicarla mantenendo “lo stato di conservazione soddisfacente” a livello di popolazione del lupo e non di singolo individuo, con pretestuosi ricorsi a principi etici o ideologici.