Editoriali

LA FUNZIONE PASTORALE DEL SERVIZIO DIOCESANO PER LA FAMIGLIA E DEL PROCESSO BREVE DINANZI AL VESCOVO DIOCESANO

a cura di Alessandro Rossi

16 Maggio 2018

Il Servizio Diocesano per la famiglia, come è noto, ha tra i suoi compiti anche quello di offrire sostegno alle persone in cerca di possibili soluzioni alle proprie problematiche familiari, aiutando a leggere il disagio e i bisogni nell’ambito delle relazioni coniugali, anche mediante consulenze individuali e di coppia in materia psicologica, etica ed educativa. La Chiesa, ribadendo che il matrimonio comporta un’ unione indissolubile e che la separazione deve essere considerata come estremo rimedio a situazioni intollerabili per uno dei due coniugi o gravemente pregiudizievoli per la prole, precisa che la comunità cristiana “deve fare ogni sforzo per aiutare i coniugi in difficoltà ad evitare il ricorso alla separazione, anche attraverso l’opera di consulenza e di sostegno svolta dai consultori di ispirazione cristiana” (Familiaris Consortio, n. 83). Non è un caso quindi che il Codice di Diritto Canonico, in materia di separazione dei coniugi, al can. 1695 stabilisca espressamente che “Il giudice, prima di accettare la causa ed ogni qualvolta intraveda una speranza di buon esito, faccia uso di mezzi pastorali, affinché i coniugi si riconcilino e siano indotti a ristabilire la convivenza”.

La sollecitudine pastorale della Chiesa richiede di prendere in considerazione la particolare condizione dei fedeli divorziati non risposati (ovviamente distinguendo, per quanto è possibile, il caso del coniuge che abbia subito il divorzio o sia stato costretto a farvi ricorso per gravi motivi connessi con il bene suo e dei figli, e quello del coniuge che abbia richiesto il divorzio dopo essersi reso responsabile di un comportamento moralmente riprovevole), ma anche la situazione dei divorziati risposati, essendo raccomandato che ogni comunità cristiana “eviti qualsiasi forma di disinteresse o di abbandono e non riduca la sua azione pastorale verso i divorziati risposati alla sola questione della loro ammissione o meno ai sacramenti: lo esige, tra l’altro, il fatto che la comunità cristiana continua ad avere occasioni di incontro con queste persone, i cui figli vivono l’esperienza della scuola, della catechesi, degli oratori, di diversi ambienti educativi ecclesiali” (Direttorio di Pastorale Familiare per la Chiesa in Italia, n. 215).

Il Magistero della Chiesa ha sempre affermato la necessità impiegare una speciale cura verso i fedeli separati e divorziati, con particolare attenzione nei confronti di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione ed il divorzio, con l’obbiettivo realizzare “una pastorale della riconciliazione e della mediazione attraverso anche centri di ascolto specializzati da stabilire nelle diocesi” (Amoris Laetitia, n. 242). Nello stesso tempo, “le persone divorziate ma non risposate, che spesso sono testimoni della fedeltà matrimoniale, vanno incoraggiate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato. La comunità locale e i Pastori devono accompagnare queste persone con sollecitudine, soprattutto quando vi sono figli o è grave la loro situazione di povertà” (Amoris Laetitia, n. 242). Secondo l’insegnamento della Chiesa, è importante che la comunità cristiana faccia sentire la sua vicinanza ai divorziati risposati, in quanto essi fanno sempre parte del Popolo di Dio (Amoris Laetitia, n. 243).

La particolare condizione dei divorziati risposati esige quindi “un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promuovendo la loro partecipazione alla vita della comunità. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità” (Amoris Laetitia, n. 243). Una particolare cura pastorale per la condizione dei fedeli separati e divorziati è raccomandata anche con riferimento all’iter processuale per le cause di nullità del matrimonio. Viene infatti espressamente enunciato nel Motu Proprio Mitis Iudex: “Il Vescovo in forza del can. 383 § 1 è tenuto a seguire con animo apostolico i coniugi separati o divorziati, che per la loro condizione di vita abbiano eventualmente abbandonato la pratica religiosa. Egli quindi condivide con i parroci (cfr. can. 529 § 1) la sollecitudine pastorale verso questi fedeli in difficoltà” (Mitis Iudex, Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, art. 1). Lo stesso Motu proprio Mitis Iudex, precisa che l’indagine pregiudiziale o pastorale al servizio dei fedeli separati e divorziati deve essere “orientata a conoscere la loro condizione e a raccogliere elementi utili per l’eventuale celebrazione del processo giudiziale, ordinario o più breve. Tale indagine si svolgerà nell’ambito della pastorale matrimoniale diocesana unitaria” (Mitis Iudex, Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, art. 2). L’indagine previa, per volontà del Legislatore, deve essere affidata “a persone ritenute idonee dall’Ordinario del luogo, dotate di competenze anche se non esclusivamente giuridico canoniche. Tra di esse vi sono in primo luogo il parroco proprio o quello che ha preparato i coniugi alla celebrazione delle nozze. Questo compito di consulenza può essere affidato anche ad altri chierici, consacrati o laici approvati dall’Ordinario del luogo. La diocesi, o più diocesi insieme, secondo gli attuali raggruppamenti, possono costituire una struttura stabile attraverso cui fornire questo servizio e redigere, se del caso, un Vademecum che riporti gli elementi essenziali per il più adeguato svolgimento dell’indagine” (Mitis Iudex, Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, art. 3). Questo compito potrà quindi essere attribuito al Servizio Diocesano per la famiglia, allo scopo di verificare la sussistenza dei presupposti per l’introduzione della causa di nullità matrimoniale. In particolare, una funzione spiccatamente pastorale è stata attribuita dal Legislatore al processo breve dinanzi al Vescovo Diocesano, il quale potrà essere introdotto solamente nel caso in cui si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni : “1° la domanda sia proposta da entrambi i coniugi o da uno di essi, col consenso dell’altro; 2° ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità” (Mitis Iudex, Il processo matrimoniale più breve davanti al Vescovo, art. 5, can. 1683).

Dall’insegnamento del Magistero della Chiesa si ricava che nel caso di crisi e difficoltà della coppia (e quindi anche nei casi di separazione e divorzio), è importante verificare preliminarmente se esista possibilità di riconciliazione tra i coniugi, anche con l’ausilio del Servizio Diocesano per la famiglia, che in questo ambito risulta essere uno strumento privilegiato di mediazione. Infatti, in caso di crisi coniugale, la soluzione ideale (purché realisticamente percorribile), è quella di salvaguardare l’unione, favorendo la riconciliazione tra i coniugi, conformemente alla dottrina dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale da sempre sostenuta fermamente dalla Chiesa, nel perseguimento della finalità suprema della salvezza delle anime.

Solamente qualora i coniugi, a seguito di un’ adeguata indagine previa, siano convinti in coscienza della nullità del proprio matrimonio, è auspicabile gli stessi siano consigliati di adire il competente Tribunale Ecclesiastico. Il processo matrimoniale potrà anche essere celebrato anche nella forma più breve davanti al Vescovo, qualora entrambi i coniugi abbiamo espressamente manifestato la propria volontà di introdurre la causa e risulti immediatamente evidente la nullità del matrimonio in base alle prove documentali e testimoniali disponibili.

A tali condizioni, risulta essere pienamente giustificato il ricorso alla via giudiziale, nella forma del processo ordinario ovvero del processo più breve dinanzi al Vescovo Diocesano. Come auspicato nel Motu Proprio Mitis Iudex, è fondamentale che sia garantita la celerità dei processi ed una adeguata semplicità delle procedure, di modo che i fedeli che attendono chiarimenti circa il proprio status possano ricevere adeguata risposta, sempre e comunque nella piena tutela della verità riguardante il sacro vincolo matrimoniale.