Editoriali

PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE

a cura di Valerio Martinelli

16 Agosto 2021

Una rinnovata attenzione ai temi della sicurezza sul lavoro alla luce della pandemia

Il tempo di pandemia che stiamo vivendo, oltre ad aver disvelato – e, se vogliamo – esasperato alcune criticità del nostro sistema e del nostro modo di vivere, ha anche fatto emergere interrogativi e perplessità a più livelli, forse non debitamente presi in considerazione prima d’ora. 

Si pensi, in generale, ai dubbi emersi in merito all’organizzazione del nostro ordinamento istituzionale in termini di ripartizione delle competenze nella gestione dell’emergenza, o, più nello specifico, all’efficacia o meno di determinate condotte o dispositivi per contenere la diffusione del virus.

L’emergenza tuttora in corso, infatti, ha posto il diritto e le scienze giuridiche di fronte ad interrogativi complessi, generando una serie di delicate questioni interpretative1 – che afferiscono, appunto, al corretto contemperamento fra taluni diritti o libertà e alle modalità più opportune ed efficaci per disciplinare determinate situazioni critiche – di cui non possiamo non tener conto. Un confronto che, come altre questioni discusse in questo difficile ultimo biennio, si inscrive ora nella dialettica fra diritto al lavoro e diritto alla salute, ora nell’arduo bilanciamento fra tutela dell’individuo e interesse della collettività: si pensi, a titolo di esempio, al più recente dibattito sviluppatosi attorno ai trattamenti vaccinali.

Per quanto concerne il diritto del lavoro2 poi e, in particolare, quella specifica branca che concerne l’applicazione della disciplina prevenzionistica di cui al d.lgs. n. 81/2008, c’è da dire che quella complessità è divenuta ancor più drammaticamente palpabile e percepibile3

La pandemia, d’altronde, non ha fatto altro che rendere ancor più difficile, urgente ed inevitabile4 il confronto fra diritti e beni giuridicamente tutelati come il lavoro, la libera iniziativa economica e la salute, di cui la materia degli studi sulla prevenzione – per sua stessa natura – rappresentava e rappresenta, già di per sé, il naturale terreno di scontro e al contempo la chiave di volta5

Oggi più che mai, però, possiamo valutare come la materia della sicurezza sul lavoro, nella sua complessa e articolata disciplina legislativa6 di riferimento, tra clausole generali7 e specifiche prescrizioni analitiche, pur testimone ed arbitro della dialettica fra salute e lavoro, in realtà non potrà mai essere esaustiva e completa. Abbiamo sperimentato già come anche la più adeguata e rigorosa applicazione della legislazione vigente – finanche quella “nata” per contrastare la diffusione del c.d. coronavirus – non sarebbe idonea né sufficiente ad escludere ogni possibilità (o rischio) di una lesione all’integrità psico-fisica delle persone e dei lavoratori. Il continuo e profondo processo di evoluzione e trasformazione – non soltanto – dei modi e delle tecniche di produzione comporta l’utilizzo di nuovi procedure e materiali, e pertanto la considerazione di situazioni diverse e di rischi nuovi o comunque ignoti. Trattasi di una materia, pertanto, in perpetuo divenire che, per forza di cose, richiede anche un costante aggiornamento della riflessione giuridica in materia.

Come detto, si pensi ai vaccini. Accertato che, al momento, non esiste strumento più efficace del trattamento vaccinale per cercare di debellare l’emergenza, da più parti ci si chiede se – e come – quest’arma contro il comune nemico debba essere o meno imposta per legge. E se sì, a chi? Ad alcune categorie di soggetti – pensiamo a chi lavora, ai più fragili o a determinati gruppi di operatori deputati a servizi essenziali come la tutela della salute stessa o a servizi parimenti importanti come l’insegnamento – o a tutti indistintamente? In questo senso, dovremmo poi interrogarci, come ha fatto e sta facendo il legislatore8, sulle possibili conseguenze per coloro che eventualmente si rifiutino di vaccinarsi.

È chiaro che se, in questo senso, optiamo per restringere il nostro focus ai lavoratori (o comunque a determinate categorie di questi) e al mondo delle attività economiche e produttive, questa riflessione, per forza di cose, va ad investire la particolare materia della prevenzione aziendale o diritto della “sicurezza sul lavoro”, in realtà inscindibilmente collegata – come già altri9 hanno evidenziato – alla tutela della salute nel suo senso più ampio. Il diritto del lavoro tout court è (o sarebbe) poi il terreno di scontro ed il banco di prova per quanto concerne la disciplina e l’eventuale regolamentazione all’interno del rapporto di lavoro. 

Facile – benché opinabile – immaginare, infatti, che possano essere concepite e predisposte determinate conseguenze negative per il lavoratore che si rifiuti di sottoporsi al trattamento vaccinale, qualora per la tutela della salute sua e dei suoi colleghi (e di terzi) e per la tenuta dell’intera attività dell’organizzazione aziendale (o del sistema) in cui opera questo gli venga imposto: da sanzioni economiche da rivalersi sulla retribuzione al demansionamento, dalla sospensione dall’attività lavorativa10 al licenziamento. 

Ma con la stessa facilità potremmo immaginare sanzioni per un cittadino non lavoratore dipendente – uno studente, un libero professionista o un pensionato ad esempio – che non voglia sottoporsi al vaccino, qualora venga imposto per legge a tutti i consociati? Sarebbe sufficiente immaginare una sanzione di natura pecuniaria? Vale la pena di interrogarsi in merito, stante il perdurare della pandemia e il moltiplicarsi di movimenti c.d. “no-vax”. 

In questo come in altri casi, pertanto, la materia della prevenzione, intesa come branca del diritto del lavoro, ritrova drammaticamente una sua centralità all’interno della riflessione giuridica e del dibattito pubblico. Una centralità che, oggi più che mai, si rivela necessaria anche nell’ottica di una maggiore attenzione alle sventurate problematiche connesse ai rischi di infortunio nei luoghi di lavoro, che quotidianamente ci ricordano la loro stringente, dolorosa attualità.

C’è da augurarsi che questo terribile tempo di trasformazione e ripensamento, che ha reso termini  tecnici – come “dispositivi di protezione individuale” – espressioni di uso comune, stimoli la riflessione nelle sedi opportune in una prospettiva propositiva di riforma, anche alla luce del processo di transizione ecologica e digitale, ed una rinnovata sensibilità per le forme di tutela della salute delle persone nel lavoro.


1 P. PASCUCCI, Coronavirus e sicurezza sul lavoro, tra “raccomandazioni” e protocolli. Verso una nuova dimensione del sistema di prevenzione aziendale?, in Diritto della Sicurezza sul Lavoro, n. 2, 2019, pag. 98.

2 Per cui cfr. M. MARAZZA, F. SCARPELLI e P. SORDI, I giuslavoristi di fronte all’Emergenza COVID-19, in Giustizia Civile, n. 3, 2020, 17 marzo 2020 e M. MAZZOTTA (a cura di), Diritto del lavoro ed emergenza pandemica, Pacini Editore, Pisa, 2021.

3 Cfr. P. PASCUCCI, Sistema di prevenzione aziendale, emergenza coronavirus ed effettività, in Giustizia Civile, n. 3, 2020, 17 marzo 2020 e L.M. PELUSI, Tutela della salute dei lavoratori e Covid-19: una prima lettura critica degli obblighi datoriali, in Diritto della Sicurezza sul Lavoro, n. 2, 2019, pagg. 122-137.

4 Si pensi al fatto che, secondo il decimo report nazionale dell’INAIL, un terzo delle morti sul lavoro del 2020 (332 decessi, per la precisione su 67 mila contagi circa) sono dovute al Covid-19. 

5 Cfr. M. PERSIANI, Presentazione, in M. PERSIANI e M. LEPORE (a cura di), Il nuovo diritto della sicurezza sul lavoro, UTET Giuridica, Wolters Kluwer, Milano, 2012, pagg. XXI-XXIV.

6 M. PERSIANI, Presentazione, op.cit., p. 21

7 Si pensi all’art. 2087 c.c.

8 Si pensi al D. L. 1° aprile 2021, n. 44 in merito all’obbligo vaccinale per il personale sanitario o al più recente D. L. 6 agosto 2021, n. 111 per quanto concerne le attività scolastiche e universitarie.

9 P. PASCUCCI e A. DELOGU, L’ennesima sfida della pandemia Covid-19: esiste un obbligo vaccinale nei contesti lavorativi? in Diritto della Sicurezza sul Lavoro, n. 1, 2021, pagg. 83-85 e passim.

10 Si v.no ordinanze R. G. n. 446/2021 del 24.05.21 del Tribunale di Verona, Sezione Lavoro e R. G. n. 529/2021 del 23.07.21 del Tribunale di Modena, Sezione Lavoro.