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SOSTEGNO E PROMOZIONE AGLI ENTI DEL TERZO SETTORE TOSCANO

a cura di Redazione Ogl Toscana

16 Ottobre 2019

Proposta di legge

In data 16.09.19 è stata assegnata alla Terza commissione del Consiglio Regionale la proposta di legge n. 400 avanzata dalla Giunta regionale e contenente “Norme di sostegno e promozione degli enti del Terzo settore toscano”.

La proposta prende le mosse dalla riforma nazionale che ha interessato il Terzo Settore ed in particolare dal D.lgs. 117/2017 (rubricato “Codice del Terzo Settore”). 

Prima di passare all’analisi delle disposizioni della proposta di legge regionale, risulta utile, per una miglior comprensione di quest’ultima, soffermarci sull’iter legislativo che ha portato alla nascita del Codice del Terzo Settore. 

L’iter di riforma prende avvio nel marzo 2014 con la pubblicazione, da parte del Governo italiano, di un documento denominato “Linee guida per una riforma del Terzo Settore”. Le considerazioni enunciate all’interno del documento evidenziano la volontà del Governo di “(..) costruire un nuovo Welfare partecipativo fondato su una governance sociale allargata alla partecipazione dei singoli, dei corpi intermedi e del terzo settore al processo decisionale e attuativo delle politiche sociali (..)”. 

Si gettano pertanto le basi per poter dare concreto avvio ad una riforma del Terzo Settore che tenga conto di quell’Italia “generosa e laboriosa che ogni giorno opera silenziosamente per migliorare la qualità della vita delle persone1

I passi successivi sono stati l’emanazione della legge delega n. 106/20162 e dei suoi decreti attuativi3.

Tra quest’ultimi assume particolare rilievo, ai fini della nostra analisi, il D.Lgs 117/2017, rubricato “Codice del Terzo Settore” e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 02 agosto 2017. 

Il Decreto attua un vero e proprio riordino della materia, creando un nuovo raggruppamento di soggetti giuridici ai quali, inevitabilmente, si affianca un’unica e più evoluta disciplina normativa che comporta modifiche e novità rispetto alle leggi speciali vigenti in materia. 

In particolare, a titolo esemplificativo, il D.lgs 117/17 ha determinato: – l’abrogazione di alcune normative speciali4 e la creazione di un unico testo normativo – Codice del terzo Settore – nel quale far confluire tutta la disciplina degli enti no-profit;5 – la delimitazione dell’ambito di operatività del predetto Codice attraverso l’introduzione non soltanto di una definizione di Ente del Terzo settore (ETS) (art. 4, comma 1 C.t.s.) ma anche di un preciso elenco di soggetti esclusi dall’anzidetta categoria (art. 4, comma 2 C.t.s.); – la tassativa individuazione delle “attività d’interesse generale” che in via esclusiva o principale dovranno essere svolte dagli ETS (art. 5 C.t.s.); – la costituzione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore e l’obbligo d’iscrizione per gli Enti che vorranno definirsi quali ETS (Artt. 45-54 C.t.s.).

Il D.Lgs. 117/17 rappresenta, senza dubbio, il più corposo dei decreti attuativi varati dal Governo – si compone di ben 104 articoli suddivisi a loro volta in dodici Titoli –  le cui disposizioni, come anticipato, spaziano da una disciplina generale (Titoli I-II e da VI a XII) ad una più specifica dedicata alle nuove categorie di ETS (Titoli III-IV).

Ai fini della nostra analisi, assume particolare rilievo l’art. 55 D.Lgs 117/17, il quale stabilisce che “(..) le pubbliche amministrazioni (..) nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo Settore, attraverso forme di co-programmazione7 e co-progettazione8 (..)”. 

Si tratta di un articolo che ridisegna il quadro generale dei rapporti tra enti pubblici ed enti del terzo settore in un’ottica di amministrazione collaborativa basata su due presupposti: – l’identità di finalità che accomuna la pubblica amministrazione e il terzo settore nello svolgimento delle attività di interesse generale, di cui all’art. 5 C.t.s.;6 – il principio di sussidiarietà orizzontale sancito nella nostra Carta Costituzionale all’art. 118, 4 comma. 

L’idea è quella di costruire i rapporti tra queste due realtà come una sorta di particolare forma di cooperazione in cui si lavora insieme, si uniscono le risorse e le energie per un fine comune, ossia la creazione di politiche pubbliche sociali efficienti mediante la realizzazione di specifici progetti di servizio o d’intervento diretti a soddisfare bisogni definiti nella pregressa fase di co-programmazione.

In quest’ottica, molte sono le realtà locali che hanno deciso di instaurare rapporti con il Terzo Settore secondo questa modalità di lavoro piuttosto che percorrere la classica strada dell’affidamento in appalto. 

In alcuni casi si tratta di esperienze pionieristiche in quanto si parla di co-progettazioni poste in essere prima che intervenisse la riforma del Terzo Settore – quindi antecedentemente all’introduzione dell’art. 55 C.t.s.- avvalendosi della disciplina prevista dalla legge 328/200010 e dal dpcm del 30 marzo 2001, che, tuttavia, limitavano questa pratica all’ambito dei servizi sociali per progetti sperimentali ed innovativi11

A titolo esemplificativo possiamo richiamare le esperienze di co-progettazione poste in essere dal Comune di Lecco – il primo progetto risale al 2006 – Milano12, Bologna13, Grosseto14, etc.

Una frase può farci capire il senso in cui l’art. 55 C.t.s. deve essere letto ed interpretato anche alla luce delle esperienze sopra poc’anzi richiamate, “(..) la co-progettazione non è stata intesa come una forma di ‘delega potenziata’, quindi di conquista di spazi di autonomia ed autodeterminazione dei soggetti di terzo settore rispetto all’istituzione, ma al contrario come una comune responsabilità nell’esercizio della funzione pubblica, con tutto ciò che tale affermazione comporta (..)15.

La volontà di cambiare la modalità d’instaurazione dei rapporti tra Pubblica Amministrazione e Terzo Settore, da un’ottica competitiva ad una collaborativa, si evince anche dalle scelte lessicali utilizzate nel testo dell’art. 55 C.t.s.: il verbo “assicurano”, infatti, da una parte tende a sancire un obbligo in capo agli enti pubblici di promuovere e favorire il coinvolgimento degli ETS nelle proprie funzioni di programmazione e organizzazione, a livello territoriale, degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’art. 5 C.t.s., dall’altro afferma il diritto di quest’ultimi ad essere coinvolti.

Fatta questa doverosa disamina, passiamo adesso ad esame nello specifico la pdlr n. 400/2019, cercando di comprenderne le finalità alla luce del quadro normativo delineato, e soffermandoci, nel dettaglio, sulle sue singole disposizioni.  

La Regione Toscana, sulla base del quadro di riforma visto in precedenza, ha avviato un percorso diretto a sostenere e promuovere gli Enti del Terzo Settore e l’apporto che quotidianamente queste realtà danno alla nostra società. Il disegno di legge è espressione della volontà di dare concreta attuazione all’art. 55 C.t.s. e quindi al principio di sussidiarietà orizzontale9.

In realtà, la pdlr n. 400/19 costituisce la seconda legge con cui la regione Toscana interviene in materia di Terzo Settore, dopo la riforma che lo ha interessato: il riferimento è alla l.r. n. 58/2018 in tema di cooperazione sociale, che abbiamo già esaminato nel nostro numero di dicembre 2018. 

Dalla lettura dei due testi normativi – l.r. 58/2018 e pdlr n. 400/2019 –  emerge chiaramente l’idea toscana di welfare, fondata sull’inclusione e su una cooperazione che parte dal basso ossia che coinvolge quelle realtà più vicine alle persone e che meglio di altre ne conoscono le esigenze e i bisogni.

Il testo della proposta si caratterizza per la sistematicità degli interventi, prevedendo, in concreto, le modalità e gli adempimenti che ETS e Pubbliche Amministrazioni dovranno porre in essere per rendere effettiva la partecipazione attiva dei primi nell’esercizio delle funzioni regionali di programmazione e progettazione.

La pdlr n. 400/2019 consta di ventuno articoli a loro volta suddivisi in cinque Titoli, nello specifico:

  • Titolo I –  Finalità e Principi. Definite le finalità della presente legge (Art. 1) e i principi che sorreggono l’esercizio delle funzioni amministrative (Art. 3), si passa all’individuazione dell’oggetto della proposta di legge. Al riguardo, il testo dell’art. 2 chiarisce che cosa sarà disciplinato nelle disposizioni successive, in particolare: – le sedi di confronti tra Regione, Enti del Terzo Settore e le altre formazioni sociali; – i criteri e le modalità con i quali la Regione promuove e sostiene il Terzo Settore; – le modalità di coinvolgimento attivo degli enti del Terzo Settore nell’esercizio delle funzioni regionali di programmazione e progettazione. Infine, si chiarisce l’ambito di applicazione della presente normativa attraverso il rinvio alla nozione di Ente del Terzo Settore così come stabilita dall’art. 4 del C.t.s.
  • Titolo II – Raccordo fra Regione ed enti del Terzo Settore. Gli artt. 6 e ss. sono dedicati alla disciplina della composizione, del funzionamento (Art. 6) e delle funzioni (Art. 7) di un nuovo organismo denominato Consulta Regionale del Terzo Settore. Esso svolgerà la funzione di organo di raccordo tra la Regione e gli ETS in quanto tra i suoi compiti spicca quello di esprimere pareri e formulare proposte in materia di Terzo Settore alla Giunta regionale oltre a quello di promuovere, in accordo con la stessa Giunta, occasioni periodiche di confronto e consultazione con gli enti del Terzo Settore e con le altre formazioni sociali.
  • Titolo III – Misure di sostegno e promozione del volontariato nella Regione. Questa sezione è interamente dedicata al volontariato in particolare a quello svolto dai singoli soggetti. L’art. 8, infatti, riconosce la possibilità agli enti pubblici, nelle materie di competenza regionale, di avvalersi dell’attività di singoli volontari, subordinando detta possibilità alla preventiva determinazione, da parte dell’ente, di specifiche modalità di accesso e di svolgimento dell’attività. La norma, tuttavia, precisa alcuni aspetti che obbligatoriamente gli enti pubblici devono provvedere a disciplinare, nello specifico: l’istituzione in ogni ente di un apposito registro dei volontari individuali, la copertura assicurativa per i soggetti iscritti nel predetto registro, i requisiti che i volontari devono possedere etc.
  • Titolo IV – Rapporti tra Enti del Terzo Settore e pubblica amministrazione. Gli artt. 9 e 10 definiscono le modalità di attuazione della co-programmazione, indicando l’iter da seguire e gli adempimenti da espletare. Gli artt. 11 e 12, del pari, sono anch’essi preposti all’individuazione dell’iter e degli adempimenti da seguire in caso di co-progettazione. In questo caso, preme rilevare la presenza di una disposizione di rinvio al Codice degli Appalti Pubblici (D.lgs. 50/2016) che troviamo inserita nel comma 6 dell’art. 11 e che trova applicazione nei casi in cui le amministrazioni intendano “procedere all’affidamento di servizi mediante esternalizzazione e con riconoscimento di un corrispettivo”. 

In ogni caso, la finalità delle disposizioni contenute nel presente Titolo, così come si evince dalla relazione illustrativa che accompagna la pdlr, è quella di “fornire alle amministrazioni pubbliche gli strumenti, anche operativi, per poter avviare tali percorsi”. 

In quest’ottica si pongono le previsioni contenute negli artt. 14 e ss. che stabiliscono la possibilità per la Regione e i suoi enti di stabilire agevolazioni a favore degli ETS tra cui: – l’utilizzazione non onerosa di beni mobili e immobili per manifestazioni ed iniziative temporanee (Art. 16); – la concessione in comodato agli ETS (con esclusione delle imprese sociali) di beni mobili ed immobili di proprietà degli enti pubblici che non siano utilizzati per fini istituzionali e per un massimo di trent’anni, per lo svolgimento delle loro attività d’interesse generale di cui all’art. 5 C.t.s. (Art. 17); -forme speciali di partenariato individuati dalla Giunta regionale (Art. 18).

  • Titolo V – Norme finali e transitorie. L’art. 19 stabilisce le tempistiche circa la costituzione sia dell’Ufficio regionale del Registro Unico del terzo settore, subordinata alla nascita dello stesso Registro Unico di cui all’art. 45 C.t.s., sia della Consulta regionale del terzo settore prevista “entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge”. Infine, l’art. 20 collega all’istituzione del Registro Unico nazionale del terzo Settore l’abrogazione di alcune leggi regionali in quanto superate: in particolare la l.r. 28/1993, l.r. 42/2002 e l.r. 29/1996.

1 Cfr. “Linee guida alla riforma del Terzo Settore”. Documento predisposto nel 2014 dal Governo italiano contenente una serie di indicazioni circa gli aspetti e le modalità che dovevano riguardare la successiva riforma del terzo Settore con l’obiettivo di “superare le vecchie dicotomie tra pubblico/privato e Stato/mercato e passare da un ordine bipolare ad un assetto partecipato tripolare”.

2 Con la Legge Delega n. 106/2016 il Parlamento delegava al Governo di “adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di riforma del Terzo settore” previa indicazione, da parte del primo, dei principi e dei criteri direttivi da seguire.

3 I Decreti attuativi varati dal Governo italiano in attuazione della legge Delega n. 106/16 sono: – D.lgs. n. 40/2017 (Servizio Civile Universale); – D.lgs. 111/2017 (Disciplina del 5×1000); – D.lgs 112/2017 (Disciplina dell’Impresa Sociale); – D.lgs. 117/2017 (Codice del Terzo Settore).

4 L’entrata in vigore del Codice del terzo Settore determina l’abrogazione di alcune normative ad oggi vigenti secondo le modalità e le tempistiche stabilite dall’art. 102 Cts. 

5 Il Codice del Terzo Settore introduce sette nuove categorie di Enti del terzo settore: – Organizzazioni di volontariato (Odv); -Associazioni di promozione sociale (Aps); – Imprese sociali (incluse le attuali cooperative sociali); – Enti filantropici; – Reti associative; – Società di mutuo soccorso; – Altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società).

6 L’art. 5 C.t.s. indica quale requisito per il riconoscimento della qualifica di ETS (ad esclusione delle imprese sociali e delle cooperative sociali) l’esercizio in via esclusiva o principale di una o più delle 26 categorie di attività d’interesse generale elencate al suo interno. 

7 La co-programmazione prevede una compartecipazione tra pubblica amministrazione procedente ed enti del terzo Settore alla determinazione delle politiche pubbliche attraverso l’individuazione dei bisogni delle comunità, delle modalità per soddisfarli e delle risorse disponibili, lasciando alle amministrazioni coinvolte la scelta degli obiettivi generali e specifici degli interventi.

8 La co-progettazione è la fase successiva alla programmazione o meglio quella nella quale si predispongono i progetti di servizi o d’intervento per rispondere ai bisogni/esigenze che sono emersi dalla fase di programmazione.

9 Il principio di sussidiarietà è stato introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento con la L. 59/97, art. 4, comma 3, lett. a) (c.d. Legge Bassanini) ossia una legge delega con cui il Parlamento conferiva al Governo, tra le altre cose, il compito di riformare il sistema di distribuzione delle competenze e delle funzioni tra Stato, Regioni ed Enti locali. Esso è divenuto principio costituzionale (art. 118 Cost) con la legge cost. n. 3/2001. Il principio di sussidiarietà si identifica sotto un duplice profilo: -verticale, inteso quale distribuzione delle competenze e delle funzioni tra i diversi livelli di governo territoriale ed in particolare quale modalità d’intervento sussidiario degli enti superiori rispetto a quelli inferiori ossia i primi intervengono solo se ‘operato dei secondi risulta inadeguato al perseguimento degli obiettivi fissati (Art. 118, comma 1 Cost.); – orizzontale, inteso quale criterio di distribuzione delle competenze tra gli enti territoriali e i soggetti privati, individuali o collettivi, intervengono solo in via sussidiaria attraverso interventi di programmazione, coordinamento o eventuale gestione (Art. 118, comma 4 Cost.).

10 La legge n. 328/00 all’art. 1, comma 4 e 5 riconosce un ruolo attivo del terzo Settore sia nell’erogazione che nella progettazione dei servizi sociali e all’art. 5 comma 2 prevede, ai fini dell’affidamento dei servizi, che gli enti pubblici promuovano azioni per favorire il ricorso a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano ai soggetti del Terzo Settore la piena espressione della propria progettualità. Il D.p.c.m. 30/03/2001, in attuazione dell’art. 5 delle Legge 328, per la prima volta introduce nel quadro normativo nazionale il termine “co-progettazione” stabilendo all’art. 7 che “al fine di affrontare specifiche problematiche sociali, valorizzando e coinvolgendo attivamente i soggetti del terzo settore, i comuni possono indire istruttorie pubbliche per la coprogettazione di interventi innovativi e sperimentali su cui i soggetti del terzo settore esprimono disponibilità a collaborare con il comune per la realizzazione degli obiettivi. Le regioni possono adottare indirizzi per definire le modalità di indizione e funzionamento delle istruttorie pubbliche nonché per la individuazione delle forme di sostegno”. Preme precisare, inoltre, che la legge 328/2000 così come dpcm del 30.03.01 non sono stati formalmente abrogati dal Codice del terzo Settore pertanto, ad oggi, risultano ancora vigenti!

11 In particolare il riferimento è all’art. 5 L. 328/2000 e artt. 6 e 7 D.P.C.M. 30 marzo 2001.

12 Il Comune di Milano ha indetto lo scorso anno un bando di co-progettazione per le attività sociali da realizzare all’interno di un edificio pubblico.

13 Il Comune di Bologna ha predisposto un bando di co-progettazione per il servizio SPRAR.

14 Il Comune di Grosseto ha predisposto un bando di co-progettazione per la concessione di immobili.

15 Frase estratta da un intervista rilasciata da Gianfranco Marocchi apparsa su Welforum.it.