Buone Pratiche

TRAME DI WELFARE GENERATIVO: L’ESPERIENZA DELLA DIOCESI DI PRATO

a cura di Massimiliano Lotti

16 Agosto 2020

Per la Caritas di Prato proporre un progetto di welfare generativo ha voluto significare il passaggio da una mentalità assistenzialista, che si fonda sul trasferimento monetario senza stimolare un coinvolgimento delle risorse personali in chi è aiutato, ad una consapevolezza che il valore ricevuto, non solo in termini economici, ma anche e soprattutto relazionali, diventa un capitale da far fruttare sicuramente per chi beneficia dell’aiuto, ma anche per tutti gli altri nodi della rete relazionale di cui i soggetti inseriti nei percorsi generativi fanno parte.

Certamente sul territorio nazionale vi sono esperienze condotte da tempo e ben strutturate, mentre altre sono più giovani e stanno muovendo i primi passi. 

Proprio in questo ultimo scenario la Caritas di Prato ha voluto sperimentare un progetto di welfare di prossimità nel 2018, proseguendo l’esperienza anche nel 2019, con una proposta che ha coinvolto 9 parrocchie. Questo progetto, denominato “Senza di te non si può fare”, ha dato modo ad alcune famiglie di essere aiutate e di diventare a loro volta un veicolo di solidarietà nei confronti di altri soggetti fragili.

In una parrocchia del vicariato Nord, ad esempio, mediante la collaborazione con la Conferenza di San Vincenzo locale, è stato possibile inserire alcune delle persone accompagnate dal centro in percorsi di volontariato diversificati che sono diventati un valore aggiunto per tutta la comunità. 

Uno dei membri della conferenza ci ha raccontato che alcune persone hanno partecipato alla vita di una casa-famiglia per disabili, incontrando gli ospiti che sono accolti nella struttura gestita dall’O.A.M.I., stringendo delle relazioni molto intense, tanto che, anche dopo il termine del progetto, il desiderio di continuare con le visite presso la casa è rimasto. 

La stessa cosa si è verificata con la visita ai malati presso una casa di cura situata nel territorio parrocchiale, dove chi ha partecipato al progetto ha voluto proseguire l’impegno di volontariato. Sono stati fatti degli inserimenti anche direttamente in parrocchia, a contatto con i volontari che abitualmente si occupano della manutenzione degli spazi e dell’organizzazione dell’oratorio estivo: per i destinatari del progetto è stata un’esperienza di amicizia, di condivisione attraverso i piccoli lavori richiesti, in un clima di serenità, a volte scherzoso, ma sempre caratterizzato da un buon coinvolgimento e dal serio impegno. Di tutto il percorso si apprezza in modo particolare il grande valore della continuità che alcune delle persone scelte per il progetto hanno fatto proprio, diventando consapevoli che all’interno di una comunità si trovano le risorse per non sentirsi più soli e che quanto si è in grado di fare, anche le cose che apparentemente sembrano poco significative, sono un dono prezioso per gli altri, specie per chi vive una situazione difficile.

Anche un’altra parrocchia del vicariato Nord ha attivato i percorsi del progetto “Senza di te non si può fare”, puntando principalmente sulla volontà di includere i beneficiari in una dimensione comunitaria, primo passo per aprirsi poi all’esterno. 

La referente della Caritas parrocchiale ci ha portato la sua testimonianza a riguardo: «Abbiamo inserito nel progetto di welfare generativo cinque famiglie, in tempi diversi e per diverso quantitativo orario. Ad ognuno è stato spiegato come si sarebbe attuato il progetto per venire incontro a un momento di difficoltà particolarmente pesante e fornire un aiuto nel pagamento di utenze e farmaci. Abbiamo chiesto un servizio da svolgere in parrocchia, insieme abbiamo concordato tempi e modalità e abbiamo fatto in modo che alcuni di noi fossero sempre presenti insieme a loro per prestare un servizio, in modo che l’impegno fosse paritario. Sono stati coinvolti durante le pulizie della chiesa, durante il periodo dell’oratorio, nel riassetto periodico del giardino e degli spazi esterni, nel riassetto dei locali interni e della canonica. Tutti hanno aderito con entusiasmo e sempre hanno mantenuto l’impegno che veniva fissato di volta in volta nel rispetto dell’orario. La nostra presenza ha favorito un dialogo fra noi più familiare e ci ha permesso di approfondire relazioni e problematiche. Al termine dei tempi previsti dal progetto ognuno di loro si è reso disponibile per continuare a venire a dare una mano, indipendentemente dal ricevere aiuti finanziari. Qualcuno ha detto che questo momento di incontro ha fatto bene anche alla loro dimensione interiore, perché si sono sentiti in famiglia, aspettati, accolti, ringraziati. Per la verità non abbiamo incontrato alcuna difficoltà nell’attuazione del progetto se non per il tempo da dover dedicare alla organizzazione interna, in quanto le persone a cui è stata offerta questa opportunità non si sono mai incontrate o sovrapposte. Questo solo per rispetto della loro privacy».

Questa esperienza è stata dunque uno strumento interessante per rafforzare le persone, dare loro fiducia e renderle consapevoli delle proprie capacità, puntando sulla buona qualità delle relazioni, attraverso cui anche le attività più pratiche assumono un valore ed un sapore diverso, più a misura d’uomo.

L’intenzione è quella di proseguire sulla strada intrapresa, operando una riflessione ulteriore sul vissuto di ritorno delle persone coinvolte nel progetto per diffondere anche in altri territori parrocchiali uno stile comunitario inclusivo, attivando o riattivando nei soggetti risorse personali che un aiuto di matrice più assistenziale rischia di assopire e far dimenticare: il dato di fondo è che, in un orizzonte di fede, nessuna persona debba essere considerata talmente povera da non aver nulla da offrire agli altri.