Agenda

TUTELA DEI BISOGNI ESSENZIALI DELLA PERSONA UMANA

a cura di Giuseppe Mazzotta

16 Gennaio 2019

In data 09.01.2019 è stata assegnata alla Terza Commissione del Consiglio Regionale della Toscana la proposta di legge n. 333 denominata “Disposizioni per la tutela dei bisogni essenziali della persona umana”.

La proposta in esame interviene sul tema dell’immigrazione, a seguito delle novità normative introdotte dal D.L. 113/2018 convertito con modifiche nella L. 132/18, al fine di recepirne i nuovi contenuti e allo stesso tempo portare avanti la politica di accoglienza in favore di tutte le persone straniere presenti sul territorio.

La Regione Toscana, negli anni, ha cercato di creare una normativa – l.r. 41/2005 e l.r. 29/2009 – diretta a realizzare un sistema di accoglienza di qualità – come si legge nella relazione illustrativa che accompagna la proposta di legge – e finalizzata all’integrazione e alla coesione sociale sul territorio regionale1.

In questo ambito, l’obiettivo è sempre stato diretto a favorire l’inclusione dei migranti nel tessuto sociale in modo da evitare situazioni di abbandono ed emarginazione, cercando di massimizzare le opportunità d’integrazione.

A seguito dell’entrata in vigore della l. 132/2018 rubricato “Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 113/2018” la Regione Toscana si è trovata a dover metter mano alla normativa vigente – sopra richiamata – al fine di scongiurare, per quanto possibile, situazioni di emarginazione e degrado conseguenti all’attuazione del c.d. Decreto Sicurezza.

Per comprendere meglio il contenuto della proposta di legge regionale n. 333/2019 appare utile soffermarci brevemente su alcune delle novità introdotte dal D.L. 113/18 così come convertito dalla L. 132/18 (Decreto Salvini o Decreto Sicurezza)2.

La legge, nei fatti, va a modificare i casi e le modalità con cui verrà regolamentata la permanenza nel territorio nazionale degli stranieri che giungono irregolarmente nel nostro territorio.

In primis, viene abolita la protezione umanitaria ex art. 5, 6 comma d.lgs. 286/98 (c.d. T.U. Immigrazione)3 e, contestualmente, vengono tipizzati i casi in cui può essere rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo in assenza dei presupposti per la protezione internazionale4, distinguendo tra permessi di soggiorno speciali5 e permessi di soggiorno per casi speciali6.

L’abolizione della protezione umanitaria – che, peraltro, costituiva la forma più utilizzata dagli stranieri per ottenere un permesso di soggiorno – potrebbe creare non pochi problemi, in quanto molte persone, fino all’entrata in vigore del Decreto Sicurezza, titolari di regolare permesso di soggiorno umanitario, si sono ritrovate, da un giorno all’altro, ad essere irregolari e senza alcun diritto.

A questo deve aggiungersi – e qui passiamo all’altra novità introdotta dal Decreto Sicurezza – il ridimensionamento del sistema di accoglienza previsto dal d.lgs. 142/20157: nello specifico, vengono modificati i programmi forniti dallo SPRAR8, il quale, oltre a cambiare denominazione in “Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori non accompagnati” sarà limitato – lo si deduce dalla nuova definizione – ai soli titolari di protezione internazionale o speciale o per casi speciali oppure ai minori non accompagnati. Ne consegue che i richiedenti asilo rimarranno esclusi dai programmi di accoglienza ed integrazione.

Tenuto conto del nuovo quadro delineato, le domande che ci potremmo porre, in questa sede, sono: “che cosa accadrà ai migranti che prima del Decreto Sicurezza erano titolari di un permesso di soggiorno umanitario?” Ed ancora, “dove saranno accolti i richiedenti asilo che ad oggi rimangono esclusi dai programmi di protezione un tempo previsti dal nostro Paese?”

Per quanto riguarda i titolari di permessi umanitari, la nuova normativa non prevede per essi il diritto a percorsi di integrazione e protezione9, e, con molta probabilità, saranno in pochi coloro che, ripresentando domanda di asilo, rientreranno nei canoni previsti dall’attuale normativa per ottenere un regolare permesso. Per gli altri, la strada che si apre sarà quella del rimpatrio.

Tuttavia, la questione non è semplice come sembra, infatti, il sistema italiano dei rimpatri non sembra funzionare come dovrebbe: secondo i dati forniti da Eurostat il numero degli ordini di rimpatrio tra il 2013 e il 2017 (circa 145.155) è di gran lunga superiore ai rimpatri effettivamente eseguiti nello stesso periodo (circa 28.600).

L’inefficacia delle procedure di espulsione non è da imputarsi tanto ad una carenza di fondi economici quanto piuttosto alla nazionalità delle persone destinatarie dell’ordine di rimpatrio.

Per quanto riguarda i richiedenti asilo, esaurito il periodo di permanenza nei CARA10 e CAS11 e nelle more della decisione sulla domanda d’asilo, non avranno diritto ad alcun tipo di accoglienza e/o assistenza.

La recente chiusura o riduzione del numero degli ospiti registrata in alcune strutture di accoglienza – CARA – ci fornisce un’ulteriore risposta ai quesiti posti poc’anzi. Sembra, infatti, che sia inteso spostare la gestione del problema – di ordine e sicurezza pubblica – nelle mani delle amministrazioni locali: migliaia di persone senza più una fissa dimora, che non potendo più usufruire del programma di accoglienza e delle relative strutture, si ritroveranno per strada, nelle diverse comunità locali dove prima erano accolte.

Per concludere questa parziale e breve disamina del Decreto Sicurezza, è opportuno soffermarsi sull’art. 13 del d.lgs 113/18 rubricato “Disposizioni in materia di iscrizione anagrafica”12. Al riguardo, la nuova normativa non ritiene il “permesso di soggiorno per richiesta asilo” un documento idoneo per poter procedere all’iscrizione anagrafica, pur riconoscendo il suo valore di documento identificativo: ne consegue, che i richiedenti asilo, non potendo acquisire lo status di residente, non possono conseguire il rilascio della Carta d’Identità13. In ogni caso, stabilisce il Decreto, ai richiedenti asilo “… è assicurato nel luogo di domicilio” “…l’accesso ai servizi previsti dal presente decreto e a quelli comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti … ”14.

Questa previsione, tuttavia, lascia non poche perplessità poiché l’accesso ai servizi erogati dalla P.A. e, in certi casi, dai privati sono collegati all’iscrizione anagrafica dei soggetti richiedenti: pertanto, è prevedibile che, a seguito della mancata iscrizione anagrafica, le pubbliche amministrazioni così come i privati possano rifiutarsi di erogarli.

Questi sono i punti del Decreto Sicurezza che hanno destato grandi preoccupazioni tra alcuni Sindaci e Presidenti di Regione ed è sulla scia di questa nuova normativa che trova la propria ratio giustificativa la proposta di legge regionale n. 333 del 2018.

La pdlr 333/2018 si compone di cinque articoli suddivisi a loro volta in IV Capi, in particolare:

  • Capo I Disposizioni generali: all’art. 1 si afferma la volontà della Regione Toscana di portare avanti “un progetto di società civile che esclude l’abbandono e l’emarginazione di chi, anche straniero, dimora in Toscana ed è privo di mezzi di sostentamento”. Si ribadisce la linea da sempre seguita dalla nostra Regione in tema d’immigrazione, accoglienza ed aiuto del prossimo, diretta a garantire un’integrazione sociale e umana a coloro, anche stranieri, che si trovano in condizioni di estremo bisogno, attraverso il riconoscimento del diritto alle cure essenziali, ad una dimora temporanea in condizioni di sicurezza, ad un’adeguata alimentazione ed istruzione.
  • Capo II Modifiche alla legge regionale 41/2005. L’art. 2 è diretto a modificare: – l’art. 5, comma 2, lett. b) della l.r.41/2005 mediante il recepimento delle novità in materia di tipologie di permesso di soggiorno; – l’art. 5, comma 4 definendo l’accesso dei soggetti, anche stranieri, presenti sul territorio toscano al Sistema di Prestazione di Tutela e Promozione Sociale.
  • Capo III Modifiche alla legge regionale n. 29/2009. L’art. 3 introduce quattro nuovi commi all’art. 6 della lr 29/09, in particolare:-art. 6, comma 35-bis “Alle persone di cui al comma 35, prive del titolo di soggiorno, è comunque garantito: a)l’accesso alle cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, anche di carattere continuativo, per malattia e infortunio, nonché i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva; b) l’accesso alle prestazioni socio assistenziali, ivi compreso l’accesso a sistemazioni temporanee di accoglienza; c) l’accesso dei minori all’istruzione obbligatoria e ai servizi per l’infanzia”;-art. 6, comma 35-ter “Le azioni finalizzate all’attuazione degli interventi di cui al comma 35-bis sono definite dalla programmazione regionale e poste in essere in collaborazione con le amministrazioni locali e con i soggetti del terzo settore”;-art. 6, comma 36-bis “Tutti gli stranieri dimoranti nella Regione Toscana, in possesso di idoneo titolo di soggiorno nel territorio nazionale, sono iscritti al servizio sanitario regionale”;-art. 6, comma 68-bis “La Regione, nell’ambito delle proprie competenze e ai fini di promuovere la coesione sociale sul territorio, sostiene iniziative e progetti rivolti a favorire l’integrazione delle persone destinatarie delle misure di accoglienza di cui al decreto legislativo 142/2005 in collaborazione con le comunità locali e attraverso la partecipazione alle opportunità di finanziamento di livello nazionale e comunitario vincolate a tali obiettivi nonché nel quadro della programmazione integrata socio sanitaria”.
  • Capo IV Disposizioni finali. L’art. 4 e 5 costituiscono disposizioni di chiusura di carattere finanziario e procedurale.

NOTALa realtà di oggi è tutt’altro che rassicurante. Il Decreto Sicurezza che viene presentato come strumento per “rendere l’Italia più sicura” ci fa interrogare su quale sia esattamente la natura dell’esigenza di sicurezza a cui si intende far riferimento.

L’attuazione del predetto decreto determinerà – con molta probabilità – sia un aumento dei richiedenti asilo che, nelle more del riconoscimento del permesso di soggiorno, non potranno più avvalersi di un Sistema di assistenza (SPRAR) e si troveranno a vivere per strada, sia un aumento dei migranti “irregolari” dovuto da un lato all’abolizione della protezione umanitaria dall’altro alla tipizzazione dei casi per ottenere un regolare permesso di soggiorno.

Questi punti evidenziano un grande problema di ordine e sicurezza pubblica che il nostro Paese dovrà affrontare, visto e considerato che lasciare a se stesse – di fatto, per la strada – persone prive di mezzi di sussistenza, impaurite, prive di un’occupazione e di un tetto potrebbe voler dire spingerle verso il compimento di atti estremi oppure nelle mani della criminalità organizzata.

La nostra Regione, con la proposta di legge poc’anzi esaminata, tenta di colmare il gap normativo, che si è venuto a creare con la nuova disciplina. Tuttavia, i Consiglieri hanno evidenziato la necessità di esaminare con attenzione il testo della pdlr 333/2018 poiché vi sarebbero alcuni aspetti da chiarire: infatti, nel comunicato che ha illustrato la proposta di legge, si rilevano perplessità circa la qualificazione da assegnare ai richiedenti asilo che si vedono rifiutare lo status di rifugiato ed ancora, incertezze sul significato da assegnare ai termini “straniero dimorante”15 e “sistemazioni temporanee di accoglienza”16 presenti nel corpo della proposta.

Le prese di posizione in merito all’attuazione del Decreto Sicurezza non sono mancate da parte dei Sindaci di molti Comuni d’Italia, i quali, in modo più o meno palese, hanno espresso il proprio disappunto di fronte ad una normativa ritenuta disumana e discriminatoria: in alcuni casi, abbiamo assistito ad una vera e propria disapplicazione del dettato normativo attualmente vigente, sulla base di un appello al rispetto dei principi della nostra Costituzione.

Non è certo questa la sede per risolvere la questione ma appare opportuno riflettere in merito e confrontarsi con i problemi che emergono dall’applicazione di questa normativa. Il lavoro portato avanti dalla nostra Regione ha come obiettivo quello di salvaguardare il modello di accoglienza basato sulla civiltà, sulla assistenza e sull’aiuto verso i più deboli.

Il Decreto Sicurezza sembra presentare infatti delle criticità su cui è urgente e necessario intervenire al fine di evitare che la macchina normativa possa compromettere diritti e speranze di tanti migranti presenti nel nostro territorio.

Ci auguriamo, pertanto, che nelle sedi opportune, venga sviluppato un percorso di riflessione in merito alle problematiche emerse, in modo da integrare e modificare il testo e gli effetti del Decreto, coinvolgendo le parti interessate. Delle questioni di Costituzionalità si occuperà poi la Corte preposta.

(Proposta di Legge n. 333 del 09.01.2019, proponente Giunta regionale)


  1. Gli interventi della Regione in materia d’immigrazione sono avvenuti nel pieno rispetto delle funzioni attribuite ai diversi livelli istituzionali. In particolare, preme evidenziare, che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 269/2010 ha ritenuto legittime le previsioni contenute nella l.r. 29/2009 in quanto “volte a tutelare i diritti inviolabili di ogni persona umana”.
  2. Il D.L. 113/2018, conv. con modifiche con la L.132/18, si compone di 40 articoli suddivisi in 4 Titoli: TITOLO I – Disposizioni in materia di rilascio di speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario nonché in materia di protezione internazionale e di immigrazione (artt. 1-15); TITOLO II – Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa (artt. 16-31); TITOLO III – Disposizioni per la funzionalità del Ministero dell’Interno nonché sull’organizzazione e il funzionamento dell’agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (artt.32-38); TITOLO IV – Disposizioni finanziarie e finali (artt. 39-40).
  3. In Italia il diritto d’asilo è sancito dall’art. 10, 3 comma Cost. il quale stabilisce che “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. A queste persone viene quindi riconosciuta dal nostro Paese una protezione internazionale che si attua attraverso il riconoscimento allo straniero dello status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria. L’art. 32, 3 comma del d.lgs. 25/2008 introduce una tutela residuale che va ad affiancarsi a quella appena esposta costituita dal permesso di soggiorno umanitario, in particolare “.. nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale e si ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per l’eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, 6 comma, d.lgs. 286/98”.
  4. L’obiettivo di questa previsione è quello di restringere l’estensione interpretativa a cui è stato assoggettato, negli ultimi anni, il testo dell’art. 5, 6 comma d.lgs. 286/98: infatti, la formulazione generica dello stesso ha portato spesso alla concessione di permessi di soggiorno umanitari non fondati su effettive esigenze di tutela dei soggetti richiedenti.
  5. Nella categoria dei permessi di soggiorno speciali vi rientrano quelli rilasciati: – per motivi di protezione sociale (art. 18 d.lgs. 286/98) – a vittime di violenza domestica (art. 18-bis d.lgs. 286/98); – in ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo (art. 22, comma 12-quater d.lgs. 286/98).
  6. Nella categoria dei permessi di soggiorno per casi speciali vi rientrano: – condizioni di salute di eccezionale gravità (art. 19, comma 2, lett. d-bis d.lgs. 286/98); – situazioni contingenti di calamità naturali (art. 20-bis d.lgs. 286/98); – permessi di soggiorno per atti di particolare valore civile (art. 42-bis d.lgs. 286/98).
  7. Per una maggior chiarezza espositiva, è opportuno riportare di seguito il modello previgente di accoglienza dei migranti in Italia (exd.lgs. 142/2015) al fine di comprendere le modifiche apportate dal Decreto Sicurezza. Il sistema di accoglienza si articolano in due fasi: 1. Prima accoglienza, che comprende gli hotspot e i centri di prima accoglienza. Negli Hotspot i migranti vengono accolti appena sbarcati in Italia – infatti, essi sono predisposti nei luoghi dove gli sbarchi sono più frequenti – e lì ricevono le prime cure mediche, effettuano screening sanitari, vengono identificati epossono avviare le pratiche per la richiesta di asilo. Questo passaggio è importante per distinguere i richiedenti asilo dai migranti economici: infatti, coloro che non presentano domanda di asilo vengono trasferiti nei Centri di Permanenza e Rimpatrio (CPR) o nei Centri d’Identificazione ed Espulsione (CIE). I migranti, invece, che hanno presentato domanda di asilo, vengono trasferiti presso i Centri di Prima Accoglienza ossia i CARA (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo). 2. Seconda accoglienza, dopo gli Hotspot ed i centri di prima accoglienza, i richiedenti asilo entravano nei programmi del Sistema di Protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) diretti a realizzare, a livello locale (con l’aiuto del terzo settore), l’integrazione dei migranti nel tessuto sociale attraverso la predisposizione di attività lavorative, sociali, scolastiche, sportive, culturali etc.
  8. Lo SPRAR rappresenta il primo sistema pubblico italiano di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati costituito con un protocollo di intesa nel 2001 tra Ministero dell’Interno, Associazione nazionale Comuni Italiani (ANCI) e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Esso è stato istituzionalizzato con la legge 189/2002 con la quale si è affidata la sua gestione ad ANCI. Lo SPRAR svolgeva un ruolo molto importante in quanto, attraverso la rete locale, realizzava progetti di accoglienza integrata, grazie anche al sostegno del terzo settore, diretti a garantire un percorso di inclusione socio-economica per i migranti (corsi d’italiano, corsi di formazione professionale etc). I progetti di accoglienza integrata predisposti dallo SPRAR venivano finanziati dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Questo progetto, tuttavia, non è mai decollato del tutto a causa della scarsa adesione manifestata dai Comuni italiani: infatti, il Sistema è risultato incapace di far fronte al numero di richiedenti asilo presenti sul territorio nazionale e, per questa ragione, si è palesata la necessità di introdurre i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) chiamati a svolgere una funzione di temporanea accoglienza, da utilizzare solo in caso di sovraffollamento delle strutture dello SPRAR.
  9. Con il decreto Sicurezza le persone, ad oggi, titolari di protezione umanitaria non hanno diritto di usufruire dei percorsi di integrazione e protezione (ex SPRAR) a meno che non riescano ad ottenere una tutela internazionale o un permesso di soggiorno speciale o per casi speciali. Quest’ultima possibilità, tuttavia, è molto remota in quanto il permesso umanitario era lo strumento per lo più utilizzato per fornire tutela ai migranti che, giunti nel nostro paese, non presentavano i requisiti per lo status di rifugiato o per la tutela sussidiaria.
  10. I CARA o Centri di Accoglienza per i Richiedenti Asilo sono stati istituiti nel 2002 – inizialmente con la denominazione di Centri di Identificazione – per ospitare i richiedenti asilo nelle more della procedura di richiesta di protezione. Di solito, la c.d. prima accoglienza dovrebbe avere una durata non superiore ai 30/35 giorni ma, a causa delle tempistiche necessarie per la definizione delle pratiche di asilo, i tempi di permanenza in queste strutture arrivano fino a sei mesi. I CARA sono strutture “aperte”: gli ospiti, infatti, possono uscire liberamente nelle ore diurne.
  11. Il d.lgs. 142/2015 ha introdotto la figura dei CAS come Centri d’accoglienza straordinari nel senso che essi dovevano servire solo laddove non fossero disponibili posti nelle strutture di Prima e Seconda Accoglienza. Essi rappresentano, infatti, misure urgenti disposte dal Prefetto e destinate a durare per un periodo di tempo limitato, necessario a trasferire il richiedente nella strutture all’uopo istituita.
  12. Questa disposizione è andata a modificare l’art. 4 e 5 del d.lgs. 142/15 e non ha subito modifiche con la legge di conversione 132/2018.
  13. L’anagrafe è il registro Comunale nel quale sono obbligatoriamente censiti tutti i soggetti, siano essi cittadini italiani o stranieri (comunitari o extracomunitari), che abitano sul territorio locale. L’iscrizione anagrafica è molto importante perché consente ai soggetti di accedere sia ai servizi sociali, sanitari ed assistenziali garantiti dalla P.A. e, quindi di godere dei diritti sanciti dalla nostra Carta Costituzionale (si pensi, a titolo di esempio, all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e all’erogazione delle relative prestazioni tramite le ASL, acquisizione della cittadinanza, accesso ad alloggi di edilizia pubblica etc) sia ai servizi erogati dai soggetti privati (ad esempio, apertura di un conto corrente, firma di un contratto di lavoro).
  14. Così come disposto dal nuovo art. 5, comma 3 del d.lgs. 142/15.
  15. Riferimento presente nell’art. 2 e 3 della pdl 333/18 di modifica al testo normativo dell’art 5 lr 41/2005 e art. 6lr 29/09.
  16. Riferimento presente nell’art. 3 della pdl 333/18 di modifica al testo normativo dell’art. 6lr 29/09;