CENSI E LIVELLI, UN ANTICO FETICCIO?
a cura di Domenico Alberti
16 Gennaio 2018
Da tempo alcuni operatori del diritto ritengono evanescente e ormai fuori dal tempo la posizione giuridico soggettiva del Concedente in caso di censo, livello, precaria, decima prediale od altre prestazioni terratiche da sempre esistenti nella Chiesa per la carità verso i più bisognosi. Se, infatti, fin dal medioevo anche il livello1 aveva in sé ragioni d’uso differenti, nondimeno le leggi eversive e, prima ancora, le politiche anticlericali del Regno di Sardegna e del Granducato di Toscana – ritenendo nocivi alla proprietà simili vincoli fondiari e identificando il sistema feudale come il principale ostacolo allo sviluppo in senso democratico e repubblicano della società – contribuirono in modo determinante2 al diffondersi di opinioni dottrinarie che a distanza di un secolo e mezzo insistono sulla
degradazione ad onere reale di censi e livelli perché non qualificati giuridicamente come enfiteusi. A corollario di questa tesi l’opportunità di liberare il mercato immobiliare, oggi ancora in affanno per ben diverse ragioni, dal vincolo enfiteutico, nei casi in discorso soltanto presunto e di dominio d’ un concedente non sempre rintracciabile. In ambito ecclesiastico non può ritenersi condivisibile questo orientamento, già da alcuni praticato in sede negoziale nonostante la natura giuridica e lo scopo dell’originario vincolo. In altri termini, non può equipararsi l’opera caritatevole della Chiesa ad altre circostanze storiche di concessione agraria, compresa la già intervenuta quotizzazione dei terreni seminativi demaniali. Proprio perché il Diritto, al pari della Società, è sottoposto alla legge generale della evoluzione e deve sempre fare i conti con gli accadimenti del mondo e con lo scorrere del tempo, la perpetuità della Chiesa, connaturata con la sua stessa missione, imprime consapevolezza, anche in tema di censi e livelli, che l’oggi è il domani di ieri e anche lo ieri di domani3
1 L.Bigliazzi Geri, Oneri reali e Obbligazioni propter rem, Milano,1984, 81, nt.7 il quale, muovendo dalla gius- tificazione causale in proposito elaborata da Bartolo da Sassoferrato (“magis ad ostendun dominium quam in recompensationem factum”), marca la linea di confine fra il livello contrattualizzato dal Feudatario, per unicamente garantirsi fedeltà e costanti servizi, anche militari, da parte del vassallo, e quello concesso dal- la Chiesa, in forma scritta già sotto il pontificato di Papa Felice IV, affinché i più poveri avessero di che vivere.
2 Ad esempio la L.14 luglio 1887 n.4727 (artt.3-4- 5) previde la commutazione obbliga- toria della decima dominicale in annua prestazione fissa in denaro e la facoltativa affrancazione.
3 Cfr. Cass.n.1366 del 1961; Cass n.1682 del 1963; Cass.n.64 del 1997; Cass. n. 9135 del 2012 sec- ondo la quale “il regime giuridico del cd.livello va assimilato a quello dell’enfiteusi, in quanti i due is- tituti, pur se originariamente distinti, finirono in prosieguo per confondersi ed unificarsi, doven- dosi pertanto ricomprendere anche il primo, al pari della seconda, tra i diritti reali di godimento”.