COOPERAZIONE DI COMUNITÀ
a cura di Redazione Ogl Toscana
16 Dicembre 2019
Legge regionale
In data 20.11.19 è stata pubblicata sul BURT la legge regionale n. 67 in tema di cooperazione di comunità che apporta modifiche alla l.r. 73/2005 contenente “Norme per la promozione e lo sviluppo del sistema cooperativo della Toscana”.
Si tratta di un intervento legislativo in linea con la volontà della Regione Toscana di mettere in campo politiche innovative in materia di cooperazione, nella consapevolezza che queste tipologie di economie costituiscono un utile strumento per dare nuova vita alle comunità più svantaggiate.
La cooperazione di comunità costituisce un fenomeno sociale ed economico che non risulta riconducibile a modelli giuridici precisi e stabili, ricevendo una regolamentazione solo a livello regionale.
In Italia essa si è sviluppata sotto forma di cooperativa e, per una maggior comprensione dei contenuti della l.r. 67/19 risulta utile osservare come si è arrivati a questa soluzione.
Originariamente, la cooperativa nasce quale forma di collaborazione diretta al soddisfacimento dei bisogni ed al perseguimento del benessere dei propri soci, individuati in ristretti gruppi sociali o professionali1. Essa viene vista, in sostanza, come uno strumento per ripianare gli svantaggi economici e sociali di alcuni gruppi: al riguardo, si rileva che le prime cooperative si costituirono proprio all’interno della classe lavoratrice.
Nel tempo, però, accanto a questa visione di cooperativa se ne è sviluppata un’altra basata su un diverso concetto di cooperazione: in particolare, il perseguimento dell’esclusivo benessere e/o interesse dei singoli soci ha lasciato spazio alla possibilità di perseguire anche un fine più ampio ossia il benessere della comunità nel suo complesso.
Questo lento passaggio ha consentito lo sviluppo di diversi modelli di cooperazione che potremmo definire “intermedi”, nei quali, pur mantenendo in primo piano l’interesse ed il benessere dei propri soci, il carattere generale delle attività svolte e degli interessi perseguiti consentiva alle stesse di procurare, in via indiretta, benefici anche all’intera comunità, quindi non soltanto ai soci2.
La cooperazione di comunità si è inserita in questi modelli di cooperativa cercando, nel tempo, di adattarli alle proprie esigenze, portando avanti la volontà di spostare “il baricentro delle cooperative da specifici gruppi sociali e professionali all’intera società (..)”3.
Le cooperative di comunità costituiscono una forma di collaborazione innovativa, che si discosta dal disegno originario e tradizionale di cooperativa, poiché, come già anticipato, lo scopo esplicito diviene il perseguimento del benessere della comunità.
Fatte queste doverose premesse di carattere generale, appare necessario approfondire come questa figura si inserisce nell’apparato normativo nazionale e regionale, al fine di comprenderne, a grandi linee, i tratti caratteristici.
A conferma dell’evoluzione ancora in atto, si rileva l’assenza di una normativa nazionale dedicata alla cooperazione di comunità: conseguentemente, per le cooperative di comunità trova attualmente applicazione la disciplina generale contenuta nel Libro V, Titolo VI dedicata alle “Cooperative a mutualità prevalente”.
In mancanza di una norma quadro nazionale, alcune Regioni hanno provveduto ad elaborare ed approvare, con tempi diversi, normative ad hoc, dirette a disciplinare la materia.
Per quanto attiene la Regione Toscana, il sistema cooperativo regionale trova una pronta disciplina nella l.r. n. 73/2005, nel cui testo originario mancava qualsiasi riferimento al tema della cooperazione di comunità.
Soltanto successivamente, grazie alla l.r. 24/2014 (art. 6), veniva introdotto all’interno della l.r. 73/2005, l’art. 11-bis4 che per la prima volta disciplinava, nel nostro ordinamento regionale, la cooperazione di comunità.
Detta norma, è un primo passo verso il riconoscimento e la promozione di questa particolare forma di collaborazione avente quale finalità quella di “contribuire a mantenere vive e valorizzare comunità locali a rischio spopolamento”.
L’art. 11-bis l.r. 73/2005 consente di individuare alcuni tratti caratterizzanti la cooperazione di comunità, nello specifico:
- Soggetti promotori. Essi vengono individuati nei “soggetti pubblici e privati che appartengono alla medesima comunità”. Il testo, così come riportato nell’articolo, consente di intuire che risultano esclusi dalla platea dei soggetti abilitati a promuovere la cooperazione di comunità, le persone giuridiche.
- Comunità beneficiarie. Questa particolare forma di cooperazione, trova applicazione per le “comunità locali a rischio di spopolamento, con particolare riferimento a quelle situate in territori montani e marginali”.
- Attività delle cooperative in comunità. Esse vengono individuate nelle “attività che interessano in particolare il paesaggio e l’ambiente”.
La l.r. n. 67/2019 interviene apportando una serie di modifiche al testo della l.r. 73/2005, con l’intento di rafforzare ed estendere il ruolo, nonché l’ambito applicativo, della cooperazione di comunità.
Procediamo, adesso, all’analisi delle disposizioni della l.r. 67/2019, la quale consta di quattro articoli, in particolare:
- Art. 1 – Interventi per lo sviluppo ed il sostegno della cooperazione. Modifiche all’art. 9 della l.r. 75/2005. Questa disposizione risponde ad esigenze di coordinamento tra la nuova disciplina, contenuta nella l.r. 67/19, e la disciplina vigente, contenuta nella l.r. n. 75/05, in modo da evitare il crearsi di discrasie normative.
- Art. 2 – Cooperazione di comunità. Sostituzione dell’art. 11-bis della l.r. 73/2005. Questo articolo costituisce il fulcro di tutta la legge poiché è al suo interno che vengono rivisti e modificati gli elementi caratterizzanti la cooperazione di comunità, mediante l’introduzione di un nuovo testo dell’art. 11-bis.
Il primo ed il secondo comma sono dedicati agli ambiti d’attuazione della cooperazione, prevedendo che la stessa possa essere impiegata per valorizzare, non soltanto le comunità locali presenti in aree montane, aree interne o a rischio di spopolamento – così come previsto dal previgente testo dell’art. 11-bis – ma anche “zone caratterizzate da condizioni di disagio socio-economico e di criticità ambientale” (comma 1) nonché “aree metropolitane o periferie urbane, caratterizzati da minore accessibilità sociale, economica e di mercato che si traduca in rarefazione dei servizi e presenza di marginalità sociali” (comma 2).
Il terzo comma introduce una precisa identificazione giuridica delle cooperative di comunità, affermando che esse sono “le società cooperative costituite ai sensi dell’art. 2511 e ss. c.c. che risultino iscritte all’Albo delle cooperative di cui agli artt. 2512 c.c. e 223-sexiesdecies disp. att. c.c.”. Viene definito, inoltre, l’obiettivo perseguito dalle medesime consistente nel soddisfare i bisogni della comunità locale in cui operano, migliorandone la qualità sociale ed economica della vita. Infine, il comma si conclude con l’indicazione delle attività caratterizzanti le cooperative di comunità, le quali, oltre alle attività che interessano l’ambiente ed il paesaggio, si estendono alle attività socio-economiche, il recupero di beni ambientali e monumentali e la creazione di offerta di lavoro.
Il quarto comma, invece, è dedicato all’individuazione della c.d. compagine sociale delle cooperative, la quale potrà essere composta da “a) persone fisiche e giuridiche che appartengono alla comunità interessata ovvero la sovvenzionano od operano con essa; b) le organizzazioni del Terzo Settore di cui al D.lgs. 117/17 (..) che hanno sede legale nella comunità interessata e dichiarano espressamente di svolgere in maniera prevalente le loro attività nei confronti della comunità stessa”.
Il quinto comma introduce un’importante novità, nonché un’importante apporto, per promuovere e sostenere le cooperative di comunità, prevedendo che la Regione ed i suoi enti dipendenti possano concedere “l’utilizzo di aree e di beni immobili inutilizzati (..) in favore di cooperative di comunità, per il recupero e il riuso, con finalità d’interesse generale e per la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano sulla base di una proposta per l’utilizzo di uno specifico bene presentata da parte delle stesse cooperative”.
Infine, l’art. 2 si conclude con il comma 6, il quale estende quanto sanciti dal precedente comma agli enti locali, nel rispetto del disposto costituzionale di cui all’art. 118, comma 4, nonché alle aziende e agli enti del servizio sanitario regionale, nel rispetto dei rispettivi ordinamenti.
-Art. 3 – Norma finanziaria. Modifiche all’articolo 13 della l.r. 73/2005. L’articolo introduce, con riferimento all’anno 2020, l’indicazione dei finanziamenti messi a disposizione dalla Regione Toscana a sostegno delle cooperative di comunità pari ad un totale di € 740.000,00. Conseguentemente, al successivo comma 2, vengono indicate le variazione di bilancio da apportare per consentire la copertura finanziaria dei predetti oneri.
-Art. 4 – Entrata in vigore. La l.r. 67/2019 è stata pubblicata sul B.U.R.T. il 20.11.2019 pertanto è entrata in vigore il 21.11.2019.
1 In merito si riporta quanto affermato dal Regolamento della Rochdale Society del 1844 secondo cui “(..) La cooperativa si attiva per dare seguito all’obiettivo di procurare benefici pecuniari ai suoi soci, nonché il miglioramento delle loro condizioni sociali e personali(..)”.
2 PIER ANGELO MORI, contributo “Le cooperative di comunità” che rappresenta una versione ridotta del saggio “Comunità e cooperazione: l’evoluzione delle cooperative verso nuovi modelli di partecipazione democratica dei cittadini alla gestione dei servizi pubblici” Euricse, ISSN 2281-8235. L’esempio più rilevante che viene riportato in merito è rappresentato dalle cooperative elettriche.
3 PIER ANGELO MORI, cit. (nt. 2) pag.
4 Art. 11-bis l.r. 73/2005: “La Regione, al fine di contribuire a mantenere vive e valorizzare comunità locali a rischio di spopolamento, con particolare riferimento a quelle situate in territori montani e marginali, riconosce e promuove il ruolo della cooperazione di comunità promossa da soggetti pubblici e privati che appartengono alla medesima comunità e tesa all’organizzazione e gestione di attività che interessano in particolare il paesaggio e l’ambiente”.