CONTRASTO ALLA POVERTÀ EDUCATIVA
a cura di Francesco Paletti
21 Dicembre 2021
«Mai come in questa pandemia la povertà educativa e la mancanza di opportunità per i bambini che vivono nelle famiglie più vulnerabili rischia di essere la nuova frontiera tra esclusi e inclusi». Lo ripete da mesi il direttore della Caritas di Pisa don Emanuele Morelli, negli occhi le storie incontrate dal marzo 2020 ad oggi. Da lui direttamente, ma anche da operatori e volontari impegnati prima nella consegna a domicilio dei pacchi alimentari, poi nel sostegno alle famiglie più in difficoltà per attenuare l’impatto del lockdown e della scuola a distanza per chi era sprovvisto di device (tablet e smartphone) ma anche per chi ha faticato di più a seguire e sostenere i figli impegnati nella Dad. Lavoro immane e sfida quasi impossibile da vincere. «Non solo per noi, per tutti quanti a cominciare da chi è chiamato a gestire la cosa pubblica – allarga le braccia il direttore dell’ufficio per la pastorale della Carità della diocesi di Pisa – tanto che adesso il nuovo impegno che ci attende, adesso, è quello di aiutare chi è rimasto indietro e sono tanti».
Solo la Caritas di Pisa ne segue 463, quasi tutti figli di famiglie sostenute dai centri d’ascolto e dagli altri servizi. Per farlo sono fondamentali sinergie e collaborazione fra istituzioni e personale scolastico e mondo del volontariato. «Serve costruire reti che siano il più fitte possibili e strette intorno alle famiglie più in difficoltà» spiega don Morelli. In quelle costruita nel territorio pisano ci sono sei Istituti comprensivi (Fibonacci, Toniolo, Tongiorgi, Galilei, Gamerra e Pisano) e otto scuole superiori (gli istituti d’istruzione superiore “Santoni”, “Pacinotti” e “Da Vinci-Fascetti”, l’Ipsar “Matteotti” e i licei “Russoli”, “Buonarroti”, “Dini” e “Carducci”).
Nei primi mesi del nuovo anno scolastico l’impegno dell’equipe educativa della Caritas si è concentrato soprattutto sull’accesso, ossia sulle iscrizioni e sul mettere a disposizione il materiale scolastico, a cominciare dai libri di testo, un investimento non sempre facile da sostenere per le famiglie più vulnerabili. Perché c’era anche quel rischio lì, «che qualcuno potesse non ripresentarsi al nuovo anno scolastico, soprattutto fra i più grandi» per dirla con le parole del direttore della Caritas. Così l’area educativa dell’ufficio pastorale della diocesi si è riscoperta sportello di consulenza e orientamento. Perché nei meandri della burocrazia, anche scolastica, è facile perdere la bussola, specie per i nuclei più fragili. Operatori, giovani in servizio civile e volontari hanno aiutato a compilare prima i moduli d’iscrizione, poi quelli per accedere ai servizi di refezione, trasporto e al “pacchetto scuola”. Hanno anche sostenuto l’inserimento dei più piccoli arrivati in Italia da poco. Subito dopo la raccolta e la consegna di materiale scolastico per i bambini seguiti di tutti gli ordini scolastici e soprattutto la ricerca dei libri di testo per quelli delle superiori. «Ora – spiega don Morelli – siamo nella fase in cui stiamo lavorando alla costruzione di percorsi di accompagnamento e sostegno: stiamo progettando servizi di doposcuola e corsi di lingua italiana, sempre in collaborazione con altre realtà del territorio».
Che l’impatto sarebbe stato tremendo, d’altronde, operatori e volontari lo avevano intuito da subito. Fin dai primissimi giorni successivi al lockdown, nel corso delle visite alle famiglie per la consegna dei pacchi alimentari. «C’è stato un episodio, in particolare, che mi ha molto colpito – racconta Andrea De Conno, coordinatore dei capi scout Agesci e volontario durante il lockdown e dopo – riguarda una giovane donna dell’Europa Orientale, che ci ha accolto in casa insieme al marito e una bimba. Chiacchierando per comprendere un po’ meglio la situazione, abbiamo chiesto se la piccola riuscisse a seguire le lezioni: così abbiamo saputo che in quella famiglia non c’erano strumenti da dare alla bambina e che la mamma, tramite il suo telefono, trascriveva tutto quello che veniva fatto durante le lezioni perché la figlia non rimanesse indietro. Ho chiesto se avesse difficoltà linguistiche con la traduzione ed è lì che abbiamo scoperto che quello non era un problema dato che la signora era laureata in lingue anche se in Italia lavorava come donna delle pulizie. Siamo abituati ad associare la povertà ad un basso livello culturale e invece non è così: comunque, quando siamo rientrati, abbiamo segnalato la situazione agli uffici della Caritas e in pochi giorni la bimba ha ricevuto un tablet». È accaduto anche questo da quando è scoppiata la pandemia: la povertà educativa è diventata un’emergenza nell’emergenza.
I numeri della Caritas, al riguardo, sono eloquenti: «Il problema dei minori che vivono in famiglie in condizione di disagio e povertà materiale c’era anche prima se è vero che, ormai da anni circa un terzo delle persone che seguiamo alla Cittadella della Solidarietà ha meno di 18 anni – sottolinea don Morelli – ma con la chiusura delle scuole si è esteso: basti dire che rispetto allo scorso anno i bisogni d’istruzione che abbiamo intercettato sono aumentati del 115,8%, praticamente più che raddoppiati».