Editoriali

GLI SCENARI DI ATTUAZIONE DEL CODICE DEL TERZO SETTORE

a cura di Luca Gori

16 Febbraio 2021

L’attuazione della riforma del Terzo settore, che ha preso avvio dalla legge delega n. 106 del 2016 e, successivamente, dai d.lgs. nn. 112 e 117 del 2017 è entrata in una delle sue fasi centrali e più complesse. Ciò non deve distogliere da una considerazione di scenario, che è essenziale per chi – specialmente dalla prospettiva ecclesiastica o, comunque, di ispirazione religiosa – intenda misurarsi con queste novità. La riforma rappresenta l’organico tentativo di dare corpo al principio di sussidiarietà orizzontale, di cui all’art. 118, ultimo comma, Cost.: da un lato, la legge è chiamata a “riconoscere” l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli ed associati; dall’altro, deve predisporre adeguate misure di promozione e di controllo di quella autonoma iniziativa. Si tratta, dunque, di un terreno impervio, nel quale si incontrano (e – potenzialmente – si scontrano) l’autonomia delle formazioni sociali, che rivendicano spazi di libertà nel definire una propria visione dell’interesse generale, e l’intervento pubblico, chiamato a sostenere, ma senza distorcere, ed a controllare, ma senza reprimere, quella libertà (sul punto, giova rimandare ad una importante recente sentenza della Corte costituzionale, n. 131 del 2020).

È questo il metro di giudizio da seguire per valutare le innovazioni normative nel campo del c.d. Terzo settore. Diversamente, si corre il rischio di offrire una lettura parziale ed insufficiente, tutta schiacciata sugli aspetti amministrativi, civilistici o contabili, ma che perde il riferimento al quadro più complessivo delle c.d. libertà sociali. 

Tre gli aspetti più urgenti da considerare, nel corso dell’anno 2021. 

Il primo aspetto è che la scadenza per l’adeguamento degli enti già costituiti ed iscritti nei registri ODV, APS ed Onlus alla data del 3 agosto 2017 è stata ulteriormente posticipata al 31 marzo 2021. Ciò significa che, entro tale data, gli enti sopra richiamati potranno adeguare i loro statuti attraverso la modalità c.d. semplificata (art. 101, c.2), ricorrendo cioè alle forme ed alle maggioranze previste per le assemblee ordinarie, anziché a quelle delle assemblee straordinarie. Tale possibilità è limitata, tuttavia, alle sole modifiche obbligatorie previste dal Codice del Terzo settore, e non riguarda quelle che, facoltativamente, ciascun ente intenderà apportare. È, dunque, una facoltà da utilizzare con molta cautela. Successivamente al 31 marzo 2021 è comunque possibile apportare le modifiche di adeguamento degli statuti, ma ciò dovrà sempre avvenire sia nel rispetto di quanto previsto da ciascun statuto per le assemblee straordinarie sia entro la tempistica dettata dall’istituzione del Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS). Non mancano significativi problemi giuridici nell’interpretazione delle norme del Codice del Terzo settore, sebbene il Ministero stia intervenendo con una serie di note interpretative assai utili. 

Il RUNTS rappresenta il secondo aspetto da sottolineare per l’anno 2021. Il D.M. 15 settembre 2020, n. 106 lo ha istituto, ma l’operatività prenderà avvio a decorrere da una data – ancora non conosciuta – che sarà comunicata con un successivo atto ministeriale al termine delle operazioni di realizzazione dell’infrastruttura informatica. A decorrere da tale ultima data, prenderanno avvio tre diversi processi: 

  1. il primo è la trasmigrazione automatica (prevista dall’art. 54 del Codice del Terzo settore) di tutti i dati concernenti i registri delle ODV e delle APS (durata prevista di sessanta giorni). In tal caso, gli enti non dovranno manifestare alcuna volontà di entrare nel RUNTS, ma quest’ultimo procederà d’ufficio, entro centottanta giorni, alla verifica del possesso dei requisiti, comunicando eventuali carenze da sanare ed assegnando un termine per il compimento di tutti gli atti necessari all’iscrizione al RUNTS; 
  2. il secondo è l’apertura della possibilità per tutti gli enti di nuova costituzione di iscriversi al RUNTS, scegliendo la qualifica da assumere (ODV, APS, enti filantropici, reti associativi, società di mutuo soccorso, ETS generici, ecc.), cessando di avere ogni efficacia i registri precedentemente istituiti; 
  3. il terzo è l’iscrizione degli enti già iscritti nell’anagrafe Onlus: quest’ultimo percorso si interseca problematicamente con l’ultimo dei tre aspetti che si intendeva richiamare.

Ad oggi, infatti, il Governo non ha ancora formalizzato l’istanza di autorizzazione delle misure a carattere fiscale previste dal Codice del Terzo settore alla Commissione europea. Ciò significa che l’apparato fiscale della riforma non è efficace e non è prevedibile quando lo diverrà: è un vulnus molto grave, poiché gli enti del Terzo settore sono chiamati a formulare scelte significative sul loro futuro, ma essi non conoscono ad oggi con certezza il “futuro” fiscale che li attende. Alla luce di questo, la disciplina Onlus – che è, come noto, una disciplina fiscale – rimarrà in vigore ben al di là dell’istituzione del RUNTS. È previsto, infatti, che l’ingresso nel RUNTS per le attuali Onlus (e per quello che lo diventeranno) sarà possibile sino al 31 marzo dell’anno successivo a quello nel quale interverrà l’autorizzazione dell’Unione europea (art. 34, c. 3 D.M. 106/2020). Giova segnalare che il mancato ingresso delle Onlus nel RUNTS darà luogo alla c.d. “devoluzione parziale” del patrimonio (art. 101, c.8 Codice del Terzo settore): è un profilo assai delicato, cui prestare attenzione.  

Dalla ricomposizione di questi tre aspetti – adeguamenti degli statuti, iscrizione al RUNTS e autorizzazione europea della disciplina fiscale – appare evidente come la riforma del Terzo settore non possa considerarsi affatto chiusa: anzi, le questioni delicati stanno affiorando solo ora con nitidezza. A ciò si aggiunga che, nel quadro del regionalismo italiano, le diverse Regioni stanno adeguando la loro legislazione a quanto previsto dalla legge nazionale: in questo, la Toscana si è distinta con l’approvazione della L.R. n. 65 del 2020 che ha avuto, come merito principale, il chiarimento del quadro giuridico – assai nebuloso a livello statale – dei rapporti fra pubbliche amministrazioni e Terzo settore. 

In definitiva, occorre ancora molto impegno sul piano giuridico, una rinnovata sensibilità politica ed istituzionale e una capacità di intervento da parte di tutti i soggetti portatori di interesse, per promuovere e tutelare il Terzo settore italiano.