Editoriali

IL MICROCREDITO: UN’OPPORTUNITÀ PER GIOVANI, DONNE E PERSONE MIGRANTI

a cura di Antonio Zizza

16 Dicembre 2023

La recente pubblicazione del rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) sul fenomeno della povertà in Italia indica che nel 2022 più di 2,18 milioni di famiglie e 5,6 milioni di individui versano in una condizione di povertà assoluta1.

Fra le categorie interessate troviamo principalmente giovani, donne e migranti, sia in entrata che in uscita. Nel primo caso, coloro che giungono in Italia, spesso si trovano in una situazione di estrema marginalità; nel secondo, invece, molti giovani residenti, provenendo da un contesto territoriale talvolta privo di opportunità adeguate, si mobilitano nella ricerca di un’occupazione coerente con le aspirazioni personali e professionali.

Un’indagine condotta dalla Fondazione Migrantes ha evidenziato che circa il 44% delle partenze verso l’estero nel 2022, riguardano giovani con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni2. Questo scenario presenta una difficoltà oggettiva nell’individuare uno spazio dignitoso dove scegliere liberamente di stabilire la propria dimora.

Uno studio condotto da EU.R.E.S., in collaborazione con il Consiglio nazionale dei giovani, rivela che solo una esigua minoranza dei giovani, pari al 24,1%, gode di una retribuzione adeguata; un ulteriore 32,7% si colloca in una condizione lavorativa più o meno dignitosa, mentre, la stragrande maggioranza, pari al 43,2%, percepisce un reddito mensile inferiore a 1.000 euro3.

Questi dati, come ampiamente studiato dalla Fondazione Bruno Visentini, delineano un “divario generazionale”, in cui le generazioni più giovani presentano una posizione di svantaggio rispetto a quella dei loro genitori. In tal modo si impedisce qualsiasi tipologia di mobilità sociale: per Caritas Italiana “il 36,8% dei beneficiari […] ha sperimentato un movimento ascendente […], il 20,4% sono rimasti nella stessa classe occupazionale dei padri e il 42,8% ha invece vissuto una mobilità discendente”4.

Questo fenomeno del lavoro povero e precario, si combina con l’aumento dei cosiddetti Neet, ossia di quei giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in un percorso di formazione professionale. Su base nazionale, per quanto la Toscana ricopra una posizione “privilegiata” rispetto alle regioni del Mezzogiorno, si contano «1,7 milioni di ragazzi e ragazze» in questa condizione, con un tasso “di oltre 7 punti percentuali superiore a quello medio europeo (11,7 per cento)”5 e con una incidenza maggiore sulle giovani donne e gli stranieri.

Pertanto, come osservato da Martinelli, «il rischio cui ci troviamo davanti, già urgente oggi e sempre di più nel futuro, è quello di escludere completamente la fascia più dinamica e creativa del nostro Paese, quella composta dai giovani»6, dalle donne e dagli immigrati. Questo imperativo, non solo impatta sul panorama del dibattito pubblico, ma richiede l’implementazione di condizioni occupazionali che permettano ad ogni individuo di realizzarsi.

Sulla visione di Giorgio La Pira, che considera l’opera umana “essenziale allo sviluppo ed alla
perfezione della persona, della società e della storia”7, sussiste in noi la convinzione che il lavoro rappresenti la cifra necessaria per spezzare il ciclo della miseria, contrastare il fenomeno dei Neet, favorire l’inclusione degli emarginati e, non da ultimo, migliorare il benessere integrale della persona.

Si avverte, dunque, la necessità di formare una coscienza collettiva nella comprensione che giovani, donne e stranieri, rappresentano una risorsa essenziale per il nostro Paese. Si tratta di offrire loro la possibilità di coltivare le proprie capacità, senza essere limitati da garanzie patrimoniali o generazionali. Occorre altresì garantire a ciascuno il libero accesso al lavoro dignitoso, al credito e all’istruzione, “indipendentemente dalla ricchezza personale o familiare”8.

In questa prospettiva, ispirati dal banchiere della “povera gente”, il professor Muhammad Yunus il quale sostiene che “la vita di una persona può essere completamente trasformata dalla possibilità
di disporre di un capitale, per quanto esiguo”9, riteniamo che il microcredito rappresenti una valida alternativa per sradicare la povertà e consentire alle categorie più deboli di investire sulle loro capacità personali e professionali.

Il microcredito è infatti uno strumento finanziario di sviluppo economico con un rilevante impatto sociale, in quanto fornisce piccoli prestiti a individui che generalmente sono esclusi dall’accesso ai sistemi creditizi tradizionali. Tale pratica consente loro di ottenere fondi per iniziare ovvero consolidare un’attività imprenditoriale, in linea con le proprie abilità e, senza per questo ricorrere a pratiche illecite, come ad esempio l’usura.

In sintesi, il microcredito, caratterizzato dall’assenza di garanzie collaterali, da condizioni flessibili e da un’attenzione mirata alle potenzialità individuali, emerge come uno strumento cruciale per consentire a coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro di avviare attività imprenditoriali, capaci di generare occupazione e contribuire allo sviluppo delle comunità locali di appartenenza. Questa dinamica riflette quanto teorizzato da La Pira riguardo il fenomeno del “moltiplicatore” in positivo, secondo cui, per uno che lavora ve ne sono altri che vengono impiegati.

Inoltre, i dati mettono in luce una crescente inclinazione all’imprenditorialità e alla creatività economica, soprattutto fra giovani, donne e stranieri. Sorge, quindi, spontanea la domanda: perché non investire su queste categorie e offrire loro l’opportunità di creare nuovi posti di lavoro?

Nel nostro Paese, grazie anche alla sensibilità della Chiesa Italiana, vi sono diverse esperienze di microcredito. Tra queste, assume una particolare rilevanza il Progetto Policoro, originariamente ideato per i giovani del Mezzogiorno e di seguito esteso in varie Regioni, inclusa la Toscana.

In dettaglio, il Progetto Policoro ha l’obiettivo di offrire un supporto pastorale e professionale ai giovani delle comunità locali tramite l’istituzione di fondi diocesani appositamente dedicati al microcredito. Tale iniziativa favorisce l’avvio o l’espansione di imprese, offrendo un’opportunità ai giovani che altrimenti non avrebbero i mezzi economici per farlo. I risultati dimostrano che, nelle diocesi dotate di un fondo di garanzia per il microcredito, il numero di imprese giovanili create ha avuto un notevole aumento, con impatti significativi sul benessere e lo sviluppo della comunità10.

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  1. Cfr. Istat, Le statistiche dell’Istat sulla povertà. Anno 2022, 25 ottobre 2023, in www.istat.it. ↩︎
  2. Cfr. D. Licata (a cura di), Rapporto Italiani nel mondo. Sintesi 2023, Fondazione Migrantes, p. 4, in www.migrantes.it. ↩︎
  3. Cfr. EU.R.E.S., Consiglio nazionale dei giovani, Rapporto di Ricerca. Nuove professioni e nuove marginalità. Opportunità, lavori e diritti per i giovani del terzo millennio, Luglio 2022, p. 81. ↩︎
  4. F. De Lauso, W. Nanni (a cura di), L’anello debole. Rapporto 2022 su povertà ed esclusione sociale in Italia, Caritas Italiana, Edizioni Palumbi, Teramo 2022, p. 41. ↩︎
  5. Istat, Rapporto annuale 2023. La situazione del Paese, Marchesi Grafiche Editoriali, Roma 2023, p. 100. ↩︎
  6. V. Martinelli, Rendere l’Italia un Paese per giovani, in “La Discussione”, 16 settembre 2023. ↩︎
  7. G. La Pira, L’attesa della povera gente, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1978, p. 62. ↩︎
  8. L. Becchetti, Il microcredito. Una frontiera per l’economia, Il Mulino, Bologna 2008, p. 43. ↩︎
  9. M. Yunus, Un mondo senza povertà, Feltrinelli, Milano 2008, p. 8. ↩︎
  10. Cfr. Cos’è il microcredito, in “Progetto Policoro”, in www.progettopolicoro.it, consultato in data 8 novembre 2023. ↩︎