Commento

L’IMMIGRAZIONE IN TOSCANA

a cura di Francesco Paletti

16 Dicembre 2020

Invasione proprio no. E non solo per una questione linguistica. 

Ormai da quasi un quinquennio l’immigrazione in Toscana non cresce quasi più: nel 2019 è aumentata di appena lo 0,6% passando da 419.371 a 422.098 stranieri, ma anche negli anni precedenti gli incrementi erano stati minimi (+2,2% nel 2018 e +2,0% nel 2017). 

Non solo. 

I nuovi nati da coppie straniere si fermano al 4.723, il dato più basso dal 2012, i migranti accolti nelle strutture d’accoglienza scendono a 6.141, il 34,8% in meno rispetto all’anno precedente e anche per quanto riguarda la Toscana la principale porta d’ingresso per i pochi stranieri arrivati nel 2020 è la protezione internazionale, motivo del soggiorno per oltre i tre quarti (76,7%) degli 8.873 non comunitari giunti dall’estero nel 2020. 

Soprattutto, però, calano, pure in Toscana, i regolarmente soggiornanti non comunitari (-4,3%): è principalmente l’effetto, dei cosiddetti “decreti sicurezza”, promulgati dal precedente governo fra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 e che, proprio, l’anno scorso, hanno cominciato far sentire le loro conseguenze in termini di crescita dell’irregolarità, sia in Toscana che a livello nazionale. Quasi nessuno degli stranieri non comunitari che hanno perso il diritto al soggiorno, infatti, ha lasciato l’Italia. La quasi totalità, invece, è rimasto qui, al massimo con un foglio di via in tasca, risucchiato nel cono d’ombra della clandestinità.
Sono alcuni dei dati e delle analisi riferiti al territorio regionale raccolti e analizzati nel Dossier statistico immigrazione 2020, il rapporto arrivato alla 30esima edizione, basato sui dati di fine 2019 e presentato pubblicamente a fine ottobre, in modalità a distanza (il video della presentazione, è ancora disponibile sul sito e i profili facebook e youtube della Caritas di Pisa). 

Numeri, comunque, che confermano come la Toscana resti fra le principali regioni d’immigrazione del Paese con un’incidenza dell’11,3% sui residenti, nettamente superiore alla media nazionale (8,8%), anche se conseguenza di una distribuzione territoriale disomogenea in cui spicca il marcato protagonismo dell’area fiorentino-pratese (abita qui il 43,1% di tutti gli immigrati residenti in Toscana) e con Prato che rimane la provincia con l’incidenza di cittadini stranieri più elevata d’Italia (19,4%).
È in questa cornice che, un anno dopo l’altro, vanno intensificandosi i processi di radicamento territoriale. Nel 2019 sono tornate a crescere le acquisizioni di cittadinanza, prevalentemente per naturalizzazione, ossia dopo almeno dieci anni di residenza ininterrotta: sono state 11.139, un quinto in più rispetto alle 9.349 del 2018. Nettamente più elevata rispetto alla media nazionale l’incidenza degli alunni stranieri: sono il 14,1% di tutta la popolazione studentesca e il 67,6% di essi è nato in Italia, quota che sale all’86,3 nelle scuole dell’Infanzia e al 79,6 nelle primarie e scende al 64,7 e al 39,6%, rispettivamente, alle medie e alle superiori.
Anche nel mercato del lavoro i pochi e timidi segnali di vivacità registrati nel 2019 sono collegati in larga misura alla manodopera straniera: in un anno in cui, complessivamente, il Pil regionale è cresciuto dello 0,1% e gli occupati dello 0,5%, i lavoratori stranieri sono stati 206mila, 6.200 in più rispetto al 2018 per un incremento del 3,1%. “Questo dato ci dice che tre quarti del pur modesto aumento dell’occupazione toscana è attribuibile alla crescita dell’occupazione immigrata” scrivono al riguardo i redattori del Dossier. Resta vivace e mercata anche la propensione all’autoimprenditorialità dei migranti “toscani”: le aziende toscane gestite da cittadini nati all’estero, infatti, sono 57.843, in aumento del 2,5% rispetto al 2018 (mentre quelle condotte da italiani sono diminuite del 2,1%) e del 15,8% negli ultimi cinque anni.
Eppure, radicamento stabile non significa automaticamente integrazione e inclusione. Alcuni dei segnali più preoccupanti continuano ad arrivare proprio dal mondo del lavoro: il tasso di disoccupazione, infatti, fra gli stranieri è del 14%, più del doppio rispetto a quello dei cittadini italiani (5,6%) e gli occupati continuano a trovare lavoro soprattutto nei settori caratterizzati da condizioni di lavoro meno appetibili. Emblematico, al riguardo, il caso del lavoro domestico in cui risultano impiegati circa 48mila lavoratori immigrati e 16mila italiani. Le conseguenze si vedono anche nelle retribuzioni: lo stipendio mensile dei lavoratori stranieri, infatti, è in media di 1.078 euro, trecento in meno rispetto a quello degli italiani.
Il tutto in attesa di valutazione attendibile dell’impatto dell’emergenza Covid-19 sulle condizioni sociali ed economiche dei migranti toscani. «Gli effetti concreti potranno essere misurati con maggiore precisione il prossimo anno, quando si avranno a disposizione i dati riferiti al 2020 – si legge nel Rapporto – ma le prime stime sono preoccupanti: i lavoratori occupati in settori non essenziali, più a rischio di riduzione del reddito, saranno con più probabilità giovani (il 43% degli occupati under 35), con la sola scuola dell’obbligo (42%) e stranieri (43%)».