QUANDO CI PORTANO VIA I LIBRI. OSSERVAZIONI DI UN GIURISTA SUL DIRITTO ALLA LETTURA
a cura di Valerio Martinelli
16 Marzo 2018
“Ora, capite perché i libri sono odiati e temuti?
Perché rivelano i pori sulla faccia della vita.”
Benché queste parole siano riprese da un romanzo, Fahrenheit 451, che certamente è diventato un riferimento ormai classico del genere distopico e “fanta-politico”, le ho trovate di una realtà (e attualità) disarmante quando ho appreso, dai giornali – nonostante sui nostri media non abbia avuto gran risalto -, una notizia particolare: dall’aprile di quest’anno, in Cina, è stata vietata (o meglio, inibita) la vendita online delle Sacre Scritture, della Bibbia come la conosciamo.
Un impedimento non da poco quindi, che rievoca facilmente passati bui, nemmeno così remoti, che ben conosciamo: indici, messe al bando e tutti quei provvedimenti che sono posti in essere quando vi è una chiara intenzione di uniformare il pensiero della collettività con la proibizione e il veto, senza lasciar spazio al dibattito, allo scambio culturale. Rendere artificiosamente, con le armi e gli strumenti del diritto e della legge, una società impermeabile, culturalmente immutabile.
Ho ripensato in questo senso al capolavoro di Bradbury, dove il governo di quel futuro immaginato dall’Autore, per poter controllare al meglio il consenso della popolazione sottomessa, vieta la lettura in generale, armando un corpo di nuovi vigili del fuoco (la c.d. “milizia del fuoco”) per bruciare volumi su volumi e con essi qualunque luogo e qualunque persona li custodisca: ai pochi che non si arrendono, resta l’onere di resistere e di imparare i testi a memoria, per conservarne il messaggio e il contenuto.
I libri – e con essi la cultura, la formazione della coscienza critica dell’individuo – come abbiamo già letto, fra quelle righe, vengono considerati in grado di rivelare “i pori sulla faccia della vita”, le sue contraddizioni, i margini di modifica ed implementazione della realtà e pertanto sono sempre una minaccia per chi desidera una qual certa “perfetta staticità” (mi si passi l’espressione) per la propria società, sia egli dotato di responsabilità di governo o meno.
La domanda che, da giuristi o – comunque – da interessati alle tematiche del diritto, dobbiamo porci è: può essere legittima, o legittimamente giustificata, una scelta di questo tipo?
E, sotto un altro profilo: possibile che, nel 2018, in uno dei Paesi più influenti nello scenario globale[4], di fatto venga fortemente limitata la distribuzione di un Testo, con la T maiuscola, che non solo è alla base di più confessioni religiose, ma che rappresenta anche una delle letture più diffuse in tutto il mondo, senza che la comunità internazionale – o quantomeno coloro che nella Bibbia vedono non solo un patrimonio culturale, ma soprattutto spirituale – dica niente al riguardo?
Da noi – va detto – il “diritto alla lettura”, o meglio la libertà di leggere ed informarsi grazie a contenuti e contenitori a propria discrezione, è certo da ritenersi un naturale corollario delle libertà di opinione ed espressione.
Va detto anche, però, che la Cina, per molti aspetti, rappresenta un unicum, nel panorama mondiale, non solo per come vengono “gestite” le relazioni fra l’amministrazione pubblica e la comunità ecclesiale ma per la concezione stessa che lì si ha del diritto e della libertà di opinione e di Fede: si pensi al fatto che periodicamente vengono emanati “Piani Quinquennali” sul Cristianesimo da parte di un’Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi (ASAR) o alla c.d. “Associazione Patriottica dei cattolici cinesi” che, di fatto, opera per conto delle istituzioni della Repubblica Popolare Cinese e interferisce – se vogliamo – con molte delle scelte che competerebbero all’autorità della Chiesa, come le nomine dei Vescovi ad esempio.
Di fatto – dicevamo – La Bibbia non potrà più essere venduta online liberamente ma potrà essere “distribuita internamente” fra i fedeli soltanto da questa Associazione Patriottica summenzionata, nella versione approvata – si intende – dal sistema, o per meglio dire, dal regime.
Questo divieto, infatti – e più commentatori sono concordi sul tema – si inscrive proprio in quel disegno, caratteristico della cultura dominante in quel Paese, di controllo e di “dirigismo” della dimensione intima e spirituale sotto l’egida degli organi che – ufficialmente od ufficiosamente – fanno parte della macchina pubblica cinese.
Capiamo che, quindi, il predetto divieto non costituisce una problematica soltanto in termini di Fede e possiamo intuire, pertanto, il motivo per cui Papa Francesco stia dedicando molta attenzione e sforzi apostolici in relazione a quella terra, considerato anche il numero di cattolici in aumento, in termini di battezzati e vocazioni: uno splendido segno di crescita e rifioritura per la nostra Comunità, ma un possibile rischio di discontinuità e frattura per chi governa da anni una società statica e difficile a (s)muoversi.
Tὰ Bιβλία (tabiblìa), i libri, nella loro libera diffusione, formano, smuovono le coscienze, diffondono le parole – o meglio, in questo caso, La Parola – mostrano quei “pori sulla faccia della vita” e rendono pertanto permeabile la realtà e la società alle diverse forme della cultura: una prospettiva di trasformazione e sviluppo che un sistema infatuato del controllo non potrebbe mai tollerare.
Ma, in cuor nostro, possiamo permetterci di stare a guardare quando palesemente si riducono questi spazi della libertà e del diritto? Non credo. La nostra responsabilità – penso – sta nell’unirci nella preghiera dei nostri fratelli cristiani della Cina e nella mobilitazione dell’opinione pubblica – ciascuno nella propria dimensione e secondo il proprio ruolo – sul tema.
Non è mai troppo tardi per recuperare, per ricostruire: “C’è una stagione per ogni cosa. Sì. – anche con queste parole si conclude il romanzo, riprendendo (non certo a caso) le parole del Libro di Qoelet – Il tempo della demolizione, il tempo della costruzione. Sì. Il tempo del silenzio e il tempo della Parola. Sì, tutto questo. Ma che altro? Che altro ancora?”.
Il nostro impegno nel restare vigili e nel resistere. La nostra memoria. La nostra Speranza.
1. R. Bradbury, Fahrenheit 451, Mondadori, Milano, 2016 (1953), pagg. 83-84, dove l’A. aggiunge “La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.”.
2. Treccani.it definisce la “distopìa” come una “previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e per lo più in aperta polemica con tendenze avvertite nel presente, si prefigurano situazioni, sviluppi, aspetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi (…)”. Secondo l’Oxford English Dixctionary il termine fu coniato nella seconda metà dell’800 da John Styart Mill per indicare l’esatto opposto del termine Utopia.
Per avere un facile riferimento al genere, pensiamo a 1984 di Orwell o al recente successo The Hunger Games.
3. Si v. ex multis R. Zhong, China Bans Online Bible Sales as It Tightens Religious Controls, The New York Times, 05.04.2018.
4. Stiamo parlando della Cina, naturalmente.
5. Semplifico chiaramente per indicare in generale la Comunità Europea ed in particolare l’Italia con la Costituzione Repubblicana.
6. Si v. ex multis W. Zhicheng, Nell’attesa dei dialoghi Cina-Vaticano, un piano quinquennale per sinicizzare la Chiesa sotto il Partito, asianews.it, 31.05.2018.
7. L’APCC, se volessimo sintetizzarla con un acronimo, è – secondo wikipedia.org – “un’associazione di persone creata con l’appoggio dell’Ufficio affari religiosi della Repubblica Popolare Cinese nel 1957 con lo scopo di controllare le attività dei cattolici in Cina.”.
8.Cfr. J. Griffiths, Bibles pulled from online stores as China increases control of religion, cnn.com, 05.04.2018.
9. Cfr. E. Buzzetti, Sulle piattaforme cinesi di e-commerce non si può più comprare la Bibbia, www.agi.it, 06.04.2018.
10. Per una prospettiva geopolitica sull’argomento, si v. F. Sisci, La prima intervista di papa Francesco sulla Cina, limesonline.com, 02.02.2016 e anche P. Schiavazzi, La svolta realista di papa Francesco sulla Cina, limesonline.com, 18.07.2017.
11. “La Bibbia”, come sappiamo, è una traslitterazione diretta dal greco antico per indicare, genericamente, “i libri”.