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REALIZZAZIONE DEL TEATRO DEL CARCERE DI VOLTERRA

a cura di Redazione Ogl Toscana

16 Agosto 2019

Interrogazione rivolta al presidente della Giunta regionale

In data 04.06.19 è stata presentata dinanzi al Presidente della Giunta Regionale l’interrogazione n. 882 da parte della Consigliera Irene Galletti – gruppo consiliare Movimento 5 Stelle – diretta ad acquisire informazioni sul progetto del teatro presso la Casa di Reclusione di Volterra, in particolare “- sui motivi ostativi che impediscono la realizzazione del progetto del teatro in carcere all’interno della Fortezza medicea di Volterra già finanziato; – se il progetto del teatro sia stato elaborato nel rispetto dei vincoli connessi all’importanza dell’edificio e sia compatibile con l’alto pregio e con le caratteristiche storico, culturali ed artistiche della Fortezza medicea di Volterra, considerato monumento nazionale; – se il progetto elaborato è stato reso pubblico alla collettività al fine di valutare preventivamente l’impatto della realizzazione dell’opera sulla Fortezza medicea di Volterra”.

L’interrogazione ruota intorno alle ragioni che, ormai da diversi mesi, ostano alla realizzazione del teatro all’interno del carcere di Volterra.

Per comprendere il contenuto, le ragioni e l’importanza dell’interrogazione de qua, risulta utile soffermarsi sull’attività portata avanti – ormai da anni – all’interno della Casa di Reclusione di Volterra, tesa ad attribuire al periodo di detenzione non soltanto una valenza punitiva ma anche, e soprattutto, un fine rieducativo del detenuto.

La Casa di reclusione di Volterra, posta all’interno della Fortezza medicea della città, era originariamente costituita da due distinte sezioni: una destinata al regime carcerario ex art. 41-bis ord. pen; l’altra, di media sicurezza, destinata ad accoglieva i detenuti con condanne definitive di medio-lungo termine.

A partire dal 2013 la sezione destinata al regime dell’art. 41-bis ord. pen. è stata chiusa e, ad oggi, l’istituto di Volterra presenta un solo circuito penitenziario a media sicurezza.

Questa circostanza, assieme alla prolungata permanenza dei reclusi all’interno del carcere e al fatto che detti soggetti, una volta espiata la pena, torneranno in libertà, ha consentito negli anni di poter elaborare ed avviare dei percorsi individuali per i detenuti, cercando di dare, in questo modo, concreta attuazione al principio costituzionale sancito dall’art. 27, 3 comma Cost.

La rieducazione del condannato passa, inevitabilmente, dal suo graduale reinserimento nella società esterna e, in quest’ottica, il periodo di detenzione può essere di aiuto, potendo svolgere un’importante funzione sociale, di cui possono beneficiare non soltanto i detenuti ma l’intera comunità.

In merito, si rileva che detta funzione assume ancor più rilievo se si considera che un detenuto reinserito nella società ha buone probabilità di uscire dai circuiti dell’illegalità e, conseguentemente, non rappresenterà più un pericolo sociale. 

Quanto appena detto, tuttavia, deve essere rapportato alla realtà.

Molto spesso, infatti, il detenuto, una volta espiata la pena e riacquisita la propria libertà, si ritrova, da solo, a dover affrontare un’ulteriore ed ancor più dura condanna proveniente dalla società esterna e costituita dal pregiudizio e dalla diffidenza delle persone comuni. 

È proprio questo aspetto che ha spinto alcune realtà carcerarie italiane ad attuare regimi trattamentali che consentano, con le dovute cautele, di creare ponti tra il carcere e la società esterna, cercando di abbattere quel pregiudizio e quella diffidenza che, spesso involontariamente, si creano verso i detenuti e che, in concreto, ostacolano l’opera di re-inclusione sociale di detti soggetti.

In quest’ottica, la Casa di Reclusione di Volterra ha cercato di vedere nel periodo di reclusione non soltanto una punizione ma anche un’opportunità per il detenuto di riflettere, crescere e cambiare. 

In primis, è stato importante capire quando una pena può dirsi rieducativa e più nello specifico, come poter rieducare una persona più o meno dedita alla delinquenza: in questo percorso di analisi, si è visto nelle attività d’istruzione, formazione, lavoro ma anche in quelle a carattere artistico-culturale, delle ottime opportunità non solo per fornire un’occasione di riscatto e di rinascita al detenuto ma anche per creare ponti/collegamenti tra i reclusi e la comunità esterna, cercando di abbattere il muro del pregiudizio attraverso la possibilità, riconosciuta alle persone non internate, di avvicinarsi e conoscere una realtà finora sconosciuta, come quella carceraria.

Fatte queste generali considerazioni, approfondiamo come è nato il progetto teatrale a Volterra e qual è  stata la sua evoluzione.

Il Laboratorio teatrale all’interno del carcere di Volterra – denominato “La Compagnia della Fortezza” – nasce nell’agosto del 1988 sotto la cura dell’Associazione Culturale Carte Blanche e la direzione di Armando Punzo con lo scopo di far scoprire, coinvolgere ed appassionare i detenuti al teatro e alla creazione artistica che ne costituisce l’essenza.

Il progetto, grazie alla passione e all’assiduità dimostrata dai detenuti, negli anni è cresciuto e si è evoluto in un qualcosa di più del semplice laboratorio settimanale: “l’impostazione data da Punzo è stata quella di lavorare nell’interesse del teatro e delle arti e dei mestieri del teatro” e ciò si riscontra nell’attenzione  e nella cura artistica con cui la compagnia lavora e porta in scena le proprie rappresentazioni. 

Gli spettacoli messi in scena dalla compagnia, pertanto, hanno rappresentato in questi anni un ponte tra la realtà carceraria e l’esterno poiché, in occasione degli spettacoli, le porte del carcere si aprono a tutte le persone interessate a conoscere questa realtà.

A partire dal 1993 sono stati predisposti alcuni progetti pilota diretti a portare gli spettacoli della Compagnia al di fuori delle mura del carcere. L’ulteriore crescita del progetto si è registrata nel 2003 quando detta attività teatrale è stata riconosciuta come attività lavorativa e ciò ha consentito alla compagnia di poter organizzare delle vere e proprie tourneè.

Tornando al merito dell’interrogazione, essa prende le mosse dal progetto avente ad oggetto la realizzazione nella Fortezza, all’interno del Bastione del Cassero, di un teatro da 200 posti. Il progetto, che ormai da più di un anno ha ottenuto i fondi per il suo finanziamento da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), ad oggi risulta bloccato “a causa della burocrazia, del temporeggiamento delle istituzioni e dei dubbi di alcuni degli attori coinvolti, tra cui la sovrintendenza pisana che ha cambiato guida recentemente”.

Per cercare di smuovere la questione è stata lanciata anche una petizione sulla piattaforma change.org che, ad oggi, conta più di 2.000 firme.