SALARIO MINIMO ORARIO
a cura di Redazione Ogl Toscana
23 Giugno 2022
Mozioni
In data 13 maggio 2022 è stata presentata in Consiglio regionale la mozione n. 892/2022 avente a oggetto il “sostegno alla istituzione del salario minimo orario”.
Con il presente testo si impegna il Presidente e la Giunta Regionale:
“a sostenere in conferenza Stato-Regione e in tutte le sedi opportune, di concerto con i sindacati, tutti gli atti e le misure che portino all’istituzione di un salario minimo orario per i lavoratori italiani, sia pubblici che privati, portando avanti tutte le necessarie iniziative nei confronti del Parlamento volti all’adozione di provvedimenti legislativi tesi a perseguire gli obiettivi stabiliti nei trattati dell’UE cioè tutelare i lavoratori da retribuzioni indebitamente basse”.
La mozione affronta il tema del salario minimo, di cui si è sentito parlare molto negli ultimi mesi. Per comprendere l’impegno richiesto alla Giunta regionale toscana risulta utile capire quale sia lo scenario europeo e nazionale che ruota intorno a questo tema.
In Europa, la maggior parte dei Paesi membri ha introdotto nel proprio ordinamento un salario minimo legale1, con le eccezioni di Danimarca, Svezia, Finlandia, Austria e Italia. Negli ultimi anni il mercato del lavoro ha subito consistenti cambiamenti che rispecchiano l’impatto che la transizione digitale, ma anche la crisi economica, la pandemia e, da ultimo, la guerra in Ucraina hanno avuto e stanno avendo sulla nostra società.
Alla luce del contesto generale poc’anzi delineato, e passando a esaminare gli interventi normativi europei sul tema, l’attenzione si concentra sulla proposta di direttiva europea che Parlamento e Consiglio si apprestano ad approvare in via definitiva e avente ad oggetto proprio il tema del salario minimo2. Essa intende, da una parte, intervenire sul funzionamento del mercato del lavoro e sul problema del dumping salariale3 tra gli Stati membri e, dall’altra, affrontare e cercare di arginare il problema crescente dei lavoratori poveri o “working poor”.
Risulta opportuno precisare che la proposta europea non disciplina la materia retributiva, proponendo l’introduzione di un salario minimo europeo4, ma esprime la volontà di migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini europei, cercando di garantire equità e giustizia sociale tra gli Stati membri e, più in generale, all’interno del mercato europeo.
Tornando alle finalità della proposta di direttiva, vengono individuate due strade da percorrere che prevedono, da una parte, la promozione della contrattazione collettiva e, dall’altra, soprattutto nei Paesi dove già vige un salario minimo legale, garantire che i salari raggiungano livelli adeguati ed equi, sempre nel rispetto delle diversità che caratterizzano ogni singolo Stato membro.
In Italia, il tema del salario minimo è stato oggetto di diversi disegni di legge, ma nessuno ha mai visto la luce.
In merito, i riferimenti sono al DDL n. 658/2018, a prima firma dell’On. Catalfo, che, in estrema sintesi, propone una soglia minima di salario uguale per tutti pari a 9 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali e il DDL n. 1132/2019 (che supera il precedente DDL 310/2018), a prima firma dell’On. Nannicini, che, invece, propone di introdurre un salario minimo di garanzia solo nei settori non coperti dal CCNL.
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1 È di qualche settimana fa la notizia che la Germania ha approvato l’aumento del salario minimo legale vigente. L’aumento si verificherà mediante due distinte fasi: si passerà da 9,82 a 10,45 euro l’ora dal primo di luglio per poi innalzarsi a 12 euro dal primo di ottobre.
2 La bozza di direttiva relativa ai salari minimi adeguati nell’Unione europea (n. A9-0325/2021 del 18.11.2021) su cui, qualche giorno fa, Parlamento europeo e del Consiglio hanno trovato un accordo e che adesso dovrà essere approvata in via definitiva da entrambe prende le mosse dalla proposta n. 2020/0682 avanzata dalla Commissione europea.
3 Il termine dumping salariale è strettamente collegato al fenomeno, sempre più frequente, delle delocalizzazioni produttive da parte delle imprese verso Paesi nei quali la manodopera presenta costi inferiori. Queste pratiche e, di conseguenza, questo problema/disparità si è riscontrato anche tra gli Stati membri dell’UE.
4 Difatti la proposta di direttiva europea risulta in linea con il dettato normativo dell’art. 153.5 del TFUE poiché essa non contiene misure che presentano un’incidenza diretta sulla materia retributiva. Sul punto, giova richiamare quanto affermato nella sentenza della CGUE C-268/06 del 15.04.2008, con la quale la Corte ha avuto modo di precisare che se l’Unione non può stabilire un salario minimo europeo, poiché materia lasciata alla competenza dei singoli Stati membri, ciò non significa escludere dalle competenze dell’Unione ogni questione avente un nesso/un collegamento con le retribuzioni.