Commento

SE ANCHE I GIOVANI VANNO ALLA CARITAS

a cura di Francesco Paletti

16 Dicembre 2019

Da 120 a 1.297. Aumentata di nove volte in 10 anni la quota di persone fra i 18 e i 24 anni che hanno bussato alla porta dei centri d’ascolto della Toscana. I numeri e le tendenze di “Gemme Terminali”, il rapporto sulle Povertà 2019 di Caritas Toscana

Sono 24.060 le persone incontrate nel 2018 le Caritas diocesane della Toscana, il 3,1% in meno rispetto all’anno precedente. “Un decremento lieve, apparentemente attribuibile più ad uno scostamento legato a cause fisiologiche interne al “sistema Caritas” piuttosto che ad un allentamento della morsa della povertà nel territorio regionale” si legge in “Gemme Terminali”, il Rapporto sulle Povertà 2019 di Caritas Toscana presentato pubblicamente lo scorso 5 dicembre. Numeri alla mano, infatti, il decremento è minimo (-776) e se si amplia l’arco temporale di riferimento, prendendo in considerazione il triennio 2015-2018, si continua a registrare una crescita del 9,2%. Ciascuna persona è stata incontrata, in media, 5,6 volte nel corso dell’anno. Il 53,2% è donna e il 46,8% uomo.

Continua a restringersi anche la forbice fra italiani e stranieri. Il fenomeno è in atto ininterrottamente da almeno un decennio: nel 2007, infatti, oltre i quattro quinti (80,1%) degli utenti era immigrato contro il 19,9% degli italiani. Undici anni dopo le proporzioni sono significativamente cambiate se è vero che la quota dei primi è scesa al 62,3% (15.049 persone) e quella dei secondi è salita al 37,2% (8.939). Peraltro la gran parte dei 15.049 immigrati incontrati, vive in Toscana da molto tempo. Appena il 6,8% di essi, infatti, è arrivato negli ultimi dodici mesi e circa un sesto (18,4%) è qui da tre anni. Viceversa, invece, quasi i tre quarti vive in Toscana da almeno cinque anni (73,8%) e oltre la metà da almeno dieci (58,5%). 

Poveri per il lavoro che manca … e per quello che c’è. E’ la mancanza di un’occupazione uno delle principali pietre d’inciampo delle persone seguite dalla Caritas per rompere le catene di dipendenza dalla rete dell’assistenza: il 68% di essi, infatti, non ha un lavoro, incidenza che sale al 75,2% con riferimento alle donne e al 73% per gli stranieri.
Parallelamente, però, deve pure essere sottolineata la condizione di coloro che, pur avendo un lavoro, hanno comunque la necessità di ricorrere ai servizi delle Caritas: si tratta del 15% di tutte le persone incontrate e svolgono principalmente lavori pesanti, precari, pericolosi, poco pagati e penalizzanti socialmente. Fra gli impieghi svolti dalle persone incontrate nel 2018, infatti, troviamo operai e muratori ma soprattutto addetti al lavoro di cura, venditori ambulanti, braccianti, cuochi e facchini.

La marginalità abitativa. Il 12,9% delle persone incontrate (2.218) vive un una condizione di marginalità abitativa, molto prossima a quella di senza dimora. Circa un quarto (25,9%) ha un’abitazione provvisoria e il 61,2% una stabile. Fra quest’ultimi diminuiscono gli stranieri negli alloggi Erp, passati dal 10,1 al 4,6% del totale.

Solitudine e disgregazione familiare: la povertà relazionale. La solitudine, spesso in conseguenza dei processi di disgregazione familiare, è, invece, la condizione di maggiore disagio dal punto di vista relazionale. Circa un quarto (24,3%) delle persone incontrate, infatti, ha dichiarato di vivere da solo mentre coloro che vivono in famiglia si fermano a meno della metà (46,2%).Un quadro confermato, nella sostanza, anche dall”analisi della condizione di stato civile, se è vero che circa un quinto (20,9%) viva una condizione di disgregazione familiare (separazioni e divorzi).

La crescita dei giovani adulti. Anche se continuano ad avere un’incidenza ancora poco rilevante (5,4% del totale), dal 2007 ad oggi è cresciuto in modo esponenziale il numero di giovani adulti fra i 18 e 24 anni che, in un decennio sono passati da 120 a .1297, praticamente un incremento di nove volte.

I figli dei poveri. Un terzo delle persone incontrate (34,6%) ha detto di avere figli “ma è verosimile che il dato possa essere sottostimato se è vero che talvolta l’informazione non emerge in fase di colloquio” si legge nel Rapporto. L’informazione rimane, comunque, significativa se si considera che  nelle 8.288 famiglie che hanno esplicitato di avere figli, vivono 9.577 minori. Il rischio, insomma, è che la povertà possa tramandarsi di genitore in figlio.

Povertà cronica. L’area della cosiddetta “povertà cronica”, ossia di coloro che sono conosciuti dalla Caritas da almeno sei anni, continua ad essere leggermente più numerosa di quella delle persone incontrate per la prima volta nell’ultimo anno: 36,5 contro 30,6%.

Monsignor Roberto Filippini, vescovo delegato Cet per la Pastorale della Carità. “I numeri e le tabelle ci rivelano una società marcatamente individualista, chiusa nella difesa degli interessi privati e prevenuta nei confronti dell’altro e del diverso” sottolinea nella prefazione monsignor Roberto Filippini, vescovo di Pescia e incaricato della Conferenza episcopale toscana per la pastorale della Carità. “Lascio agli amministratori pubblici e ai politici le risposte che loro competono – prosegue -. Di fronte ai numeri del rapporto, come Chiesa, tutta intera, non possiamo chiudere gli occhi e dobbiamo riconoscere, attraverso di essi, un umanità affamata e nuda, lacera e debole, piagata e sofferente, che ci interpella. Sentiamo la voce del Maestro che invita i discepoli “voi stessi date loro da mangiare” ( Mc 6,37) e che esorta a condividere ciò che si ha e ciò che si è , senza temere la sproporzione dei numeri e l’esiguità delle forze”.