Editoriali

L’ITALIA DI MEZZA ESTATE

a cura di Martina Lumini

16 Agosto 2019

Primi di agosto, l’aria soffocante che si respira in questi giorni di canicola si mischia ad un clima altrettanto pesante dovuto alle vicissitudini politiche che da mesi interessano il nostro Bel Paese e che soprattutto oggi, 09 agosto 2019, dopo l’apertura della crisi di Governo, sembrano insostenibili.

I giorni che hanno preceduto l’apertura della crisi sono stati molto intensi.

La conversione in legge del D.L. 53/2019 (c.d. Decreto Sicurezza Bis), il dibattito sulla linea ferroviaria Torino-Lione e, non per ultime, la Legge di Bilancio e il possibile (o inevitabile?) aumento dell’IVA. 

Ecco, proprio il Decreto Sicurezza e il tema dei migranti e delle o.n.g. ha creato una netta frattura all’interno del nostro Paese, tra chi sostiene la politica dei c.d. porti chiusi e chi, al contrario, quella dell’accoglienza.

Andiamo per gradi e cerchiamo di fare una breve panoramica, soffermandoci sui punti più cruciali della questione.

All’indomani del Decreto Sicurezza (D.L. 113/2018, conv. con modifiche con la L.132/18) che – come abbiamo già visto nel numero di inizio anno della nostra rivista (n. 1/2019, sezione Agenda) – è andato a modificare i casi e le modalità di permanenza sul territorio nazionale degli stranieri che giungono irregolarmente in Italia, l’esecutivo italiano ha nuovamente messo mano in materia d’immigrazione attraverso l’adozione del Decreto Sicurezza Bis (D.L. 53/2019 convertito con legge lo scorso 05 agosto).

La volontà è quella di attuare una più severa politica dei “porti chiusi” con il dichiarato intento di contrastare l’immigrazione irregolare, rendere l’Italia un posto più sicuro e bloccare l’opera di salvataggio in mare portata avanti dalle ONG. 

Due sono le novità introdotte dal Decreto Sicurezza Bis che meritano attenzione: -l’Art. 1 che riconosce al Ministro dell’Interno il potere di adottare provvedimenti volti a limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale; – l’Art. 2 che introduce sanzioni amministrative da 150mila a 1milione di euro per il comandante della nave, in caso di violazione dei predetto divieti, con la confisca, in ogni caso, dell’imbarcazione utilizzata per commettere detta violazione.

Il Decreto ha trovato subito applicazione e qui passiamo ad un altro aspetto della vicenda: il caso “Sea Watch” e la sentenza  della Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo.

L’imbarcazione Sea Watch1, in data 12 giugno 2019, dopo aver soccorso in acque libiche una cinquantina di migranti ed aver disatteso le indicazioni della Guardia Costiera libica, che aveva autorizzato lo sbarco a Tripoli2, si è diretta alla volta di Lampedusa, chiedendo all’Italia un place of safety

In attuazione del Decreto Sicurezza, la richiesta formulata dalla Sea Watch è stata respinta dal Governo italiano, il quale ha autorizzato soltanto lo sbarco di 11 delle 50 persone presenti sulla nave, ritenute più vulnerabili a causa dell’età e dello stato di salute.

Avverso il divieto di sbarco, è stato depositato, presso la Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, un ricorso per la richiesta di interim measures ai sensi dell’art. 39 Reg. di procedura della Corte EDU, diretto ad ottenere l’autorizzazione all’ingresso della Sea Watch nelle acque nazionali italiane. 

Il ricorso è stato respinto. 

Tuttavia, le reazioni e le interpretazioni che sono seguite a questa sentenza evidenziano la necessità di alcune precisazioni circa l’effettiva portata della stessa.

In linea generale, l’accoglimento di un ricorso ex art. 39 Reg. proc. Corte EDU, è subordinato ad “an imminent risk of irreparabile harm”.

La Corte, quindi, rigettando il ricorso de quo, ha semplicemente rilevato che, alla luce delle domande rivolte dalla stessa ai ricorrenti ed al Governo italiano, la situazione a bordo della Sea Watch non era tale da arrecare un danno irreparabile alla salute delle persone che ancora si trovavano al suo interno poiché le Autorità italiane avevano già fatto sbarcare i soggetti c.d. vulnerabili. 

Alla luce di ciò, risulta forviante e non veritiero interpretare questa sentenza come una legittimazione della politica dei “porti chiusi” praticata dal nostro Paese, né tantomeno appare corretto leggere tra le righe della stessa un possibile orientamento della Corte in relazione ad un eventuale e successivo ricorso per la violazione dei diritti fondamentali da parte dei migranti.

A sostegno di quanto appena detto, si riporta una parte della sentenza, nella quale la Corte ha affermato di contare “sulle autorità del Paese affinché continuino a fornire tutta l’assistenza necessaria alle persone in situazioni di vulnerabilità (..) che si trovano a bordo della nave”.

Dopo 17 giorni di permanenza nelle acque internazionali, la capitana della Sea Watch, forzando il blocco della Guardia di Finanza, ha condotto la nave nel porto di Lampedusa, facendo sbarcare i migranti presenti a bordo. 

Tuttavia, si tratta di un finale dal sapore amaro. 

A distanza di pochi giorni, stesso mare, stesso problema e questa volta la ong si chiama Open Arms.

Quanto appena prospettato, deve farci riflettere.

Il fenomeno migratorio è complesso e difficile da regolamentare. Crediamo che i migranti siano solo quelli che vengono salvati dalle ong – la tv e i giornali questo ci riportano, almeno i più – ma non è così. 

Essi rappresentano solo una piccola parte della c.d. immigrazione clandestina che i due Decreti Sicurezza dichiarano di voler fermare, ma con scarsi risultati. 

Si ha come l’impressione che il cono di luce che, ogni giorno, viene puntato sulla ong di turno – cambia il nome ma la storia è identica – sia utilizzato per non far comprendere la portata e l’effettiva estensione del fenomeno migratorio che sta interessando il nostro Paese.

Pochissime testate giornalistiche3 si sono occupate dei c.d. sbarchi fantasma che fanno giungere sulle nostre coste migliaia di migranti ogni giorno, i quali, nell’inconsapevolezza del popolo, si disperdono sul territorio italiano.

Settanta persone sbarcate a Torre Colimena in provincia di Taranto, sessantacinque a largo di Roccella Jonica vicino a Reggio Calabria, un’altra cinquantina sono sbarcati nel porto di Crotone:  sono solo alcuni degli sbarchi fantasma intercettati e la particolarità di questi “viaggi della salvezza” è che seguono la rotta Turchia-Italia.

In conclusione, le considerazioni svolte sin qui dovrebbero servire, in primis, a comprendere l’effettiva portata del fenomeno migratorio in Italia e, in secundis, a riflettere sull’incidenza e sull’efficacia – in termini di sicurezza per il Paese – delle riforme che in quest’ultimi mesi hanno interessato la materia migratoria. 

Dette riflessioni, ci consentono di capire che, in realtà, il Decreto Sicurezza così come il Decreto Sicurezza Bis sono solo strumenti intenti a cercare di regolamentare una piccola fetta del fenomeno migratorio, che risulta ben più esteso di quello che si pensa o che si vuol far pensare.  

1 La Sea Watch è un organizzazione non governativa (ONG) senza scopo di lucro tedesca nata nel 2014 dalla volontà del commerciante tedesco Harald Höppner e di altre persone di destinare una parte della propria ricchezza per l’acquisto di una nave da destinare ad attività di ricerca e salvataggio nel Meditteraneo, così come si legge nell’intervista che lo stesso Höppner ha rilasciato in data 23.04.2015 per il quotidiano La Repubblica https://www.repubblica.it/cronaca/2015/04/23/news/ho_ppner_pago_io_una_nave_per_salvare_i_profughi_in_mare_-112635323/.

2 In realtà  una precisa definizione di “Porto sicuro” o place of safety non si rinviene in alcuna Convenzione Internazionale. Possiamo, tuttavia, cercare di capire che cosa si intenda con questo termine leggendo le Linee Guida sul Trattamento delle Persone in Mare contenute nella Risoluzione MSC.167(78) adottata nel maggio 2004 dal Comitato Marittimo per la Sicurezza insieme agli emendamenti SAR e SOLAS. In particolare, si riscontra che il porto sicuro è quel luogo in cui la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più in pericolo e le necessità umane primarie possono essere soddisfatte (par. 6.12). Il porto di Tripoli, così come confermato dal Ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, non può essere considerato un porto sicuro.

3 Le informazioni sui c.d. sbarchi fantasma sono stati reperiti da articoli pubblicati da “Il Post” il 15.06.19 e dal “Sole 24ore” il 21.01.2019 i cui link si riportano di seguito: https://www.ilpost.it/2019/06/15/sbarchi-fantasma/  e https://www.ilsole24ore.com/art/migranti-sbarchi-fantasma-e-scafisti-origine-russa-AEqH36IH .