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MADRI DETENUTE E MINORI

a cura di Martina Lumini

8 Agosto 2023

Mozioni

Il 5 luglio 2023 è stata presentata in Consiglio regionale la mozione n. 1349/2023 in merito “ad un percorso legislativo di modifica della normativa vigente volto ad impedire la permanenza in carcere o in istituti di custodia attenuata di minori a seguito di madri detenute”. 

Con il presente testo si impegna la Giunta regionale ad attivarsi presso il Governo e il Parlamento affinché: “in considerazione degli investimenti in via di realizzazione sui vari territori regionali finalizzati all’accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case famiglia protette e in case alloggio, si adi nuovo promosso un percorso legislativo di modifica della legge 62/2011 volto ad impedire, in considerazione dell’interesse preminente dei minori e dell’equilibrato sviluppo delle relazioni genitoriali, l’accesso dei bambini nel carcere mediante una disciplina tesa a rafforzare l’utilizzo di tali strutture esterne quale modalità di esecuzione della pena

La mozione mette in luce le difficoltà che il nostro sistema giudiziario e carcerario incontrano nel coniugare l’erogazione della pena detentiva con la condizione di madre delle detenute. In questi casi, infatti, la custodia in carcere coinvolge anche la vita dei figli minori delle detenute, laddove questi ultimi siano autorizzati a rimanere con la madre.

Sul tema, già in passato, si sono registrati interventi a livello internazionale, europeo e nazionale diretti a cercare di costruire una normativa carceraria che tenesse in debito conto delle donne detenute e delle loro esigenze, soprattutto con riferimento ai loro figli. Procediamo sinteticamente e in ordine cronologico ad esaminare la panoramica normativa sul tema.

Preme richiamare innanzitutto l’art. 24 della Carta europea dei diritti fondamentali, che afferma come

1. I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. 

2. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente

Nel 2008 il Parlamento europeo, attraverso una risoluzione, ha invitato gli Stati membri ad “integrare la dimensione della parità tra donne e uomini nella rispettiva politica penitenziaria” tenendo “maggiormente presenti le specificità femminili” e cercando di “creare condizioni di vita adatte alle esigenze dei figli che vivono con il genitore detenuto1.

Nel dicembre 2010, invece, hanno visto la luce le c.d. “Regole di Bangkok”, ossia 70 regole che obbligano gli Stati a prevedere il ricorso alle misure alternative alla detenzione e all’adozione di programmi di trattamento che tengano conto della differenza di genere e delle specifiche esigenze del genere femminile.

Regola 1 “(..) bisogna tener conto delle esigenze peculiari delle donne detenute per l’attuazione delle presenti regole. Le misure adottate per soddisfare tali necessità nella prospettiva della parità di genere non devono essere considerate discriminatorie

Queste regole, in sostanza, si soffermano ad analizzare le esigenze legate alla presenza dei minori nelle carceri, ribadendo la necessità che la detenzione in carcere della detenuta madri con figli minori sia vista come soluzione ultima ed estrema, da adottare nel caso in cui le circostanze del caso non consentono misure alternative alla detenzione in carcere.  

Regola 33 “(..) Qualora i bambini siano autorizzati a rimanere in carcere con le loro madri, il personale penitenziario deve seguire anche corsi di sensibilizzazione sullo sviluppo del bambino e una formazione di base sulle cure pediatriche, allo scopo di essere in grado di intervenire efficacemente in caso di bisogno o urgenza

Regola 49 “La decisione di autorizzare un bambino a restare con la madre in carcere deve essere fondata sull’interesse superiore del bambino. I bambini che sono in carcere con le loro madri non devono essere mai trattati come detenuti

Regola 50 “Bisogna fare in modo che le detenute che tengono i loro figli in carcere possano passare il maggior tempo possibile con loro

Regola 51 “I bambini che vivono con la madre in carcere devono poter beneficiare in ogni momento dei servizi sanitari primari e il loro sviluppo deve essere seguito da specialisti, in collaborazione con i servizi sanitari esterni. L’ambiente educativo del bambino deve essere il più vicino possibile a quello di un bambino che vive fuori dell’ambiente carcerario

In Italia la questione è stata recepita con l’approvazione della l. 62/2011, la quale ha apportato modifiche sia al codice di procedura penale, sia alla l. 354/1975 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà). La ratio della normativa è quella di “garantire un’adeguata tutela della genitorialità e dell’infanzia nel corso dell’esecuzione della pena, assicurando, nei limiti del possibile, una crescita armoniosa e senza traumi per i figli minori conviventi di donne indagate, imputate o condannate nei cui confronti debba essere eseguita una misura cautelare coercitiva o una pena detentiva”.

L’attuale normativa, sottolinea la mozione, prevede che, tanto per la custodia cautelare quanto per l’esecuzione della pena, in via preferenziale, le stesse siano espiate fuori dal carcere attraverso misure alternative vome la detenzione domiciliare anche presso case famiglie protette. Detta possibilità, tuttavia, non è automatica ma è sottoposta a limiti normativi, quali la tipologia di reato commesso e la disponibilità, da parte della detenuta, di un proprio domicilio o di una casa famiglia disposta ad accoglierla; requisiti questi ultimi che si vanno a sommare alle ordinarie condizioni necessarie per la concessione di una misura alternativa al carcere.

La mozione rileva che, proprio a causa di queste diverse condizioni, ad oggi sono ancora molti i minori che abitano con le madri nelle carceri italiane, considerando che, prosegue la mozione, gli ICAM (Istituti a Custodia Attenuata per Madri) risultano essere, in realtà, degli istituti penitenziari a tutti gli effetti.

Nonostante la presenza di bambini nelle carceri sia diminuita negli ultimi anni, soprattutto a seguito dell’emergenza pandemica da Covid-19, la questione rimane; infatti, a fronte di 54 madri recluse e 59 minori nel 2020, nel 2022 sono state coinvolte 15 madri detenute e 16 minori.

La mozione, infine, richiama una pronuncia della Corte di legittimità2, la quale in relazione al trattamento di favore previsto dall’art. 275, comma 4 cpp3 ha evidenziato che “sarebbe davvero paradossale ed in contrasto con più parametri di costituzionalità far dipendere l’applicazione di un regime carcerario di indubbio favore dalla mancanza di strutture alternative”. 

Al fine di evitare che la mancata attuazione di questa norma possa dipendere dalla mancanza di strutture adeguate in grado di accogliere queste donne, la mozione mette in evidenza un articolo della l. 62/2011, l’art. 4, comma 2, il quale prevede che il Ministero della Giustizia possa stipulare con gli enti locali delle convenzioni volte ad individuare le strutture idonee ad essere utilizzate come case famiglia protette, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Su questa scia, viene richiamata la delibera della Giunta toscana n. 616/2012 che assegnava al Comune di Firenze, quale ente capofila, un finanziamento per la realizzazione di strutture destinate all’accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case famiglia e in case alloggio per l’accoglienza residenziale.

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  1. Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2008. ↩︎
  2. Il riferimento è alla sentenza della Corte di Cassazione, sez. penale, n. 11714/2012. ↩︎
  3. Il testo dell’art. 275, comma 4, cpp stabilisce che “Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputato sia persona che ha superato l’età di settanta anni”. ↩︎