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SALARIO MINIMO

a cura di Martina Lumini

27 Ottobre 2023

Mozioni

Il 4 settembre 2023 è stata presentata in Consiglio regionale la mozione n. 1384/2023 in merito “al sostegno alla proposta di legge 1275 relativa all’istituzione del salario minimo ed al supporto della petizione organizzata in tal senso”. 

Con il presente testo si impegna il presidente e la Giunta regionale a sostenere nella conferenza Stato-Regione e in tutte le sedi opportune, di concerto con i sindacati “tutti gli atti e le misure che portino al regolare avanzamento dell’iter della proposta di legge n. 1275 per un salario minimo per i lavoratori, sia pubblici che privati, portando avanti, a tal scopo, tutte le necessarie iniziative volte ad informare l’Unione Europea su eventuali ulteriori tentativi di inibire o vanificare gli sforzi compiuti in tal senso dal legislatore nazionale. A sostenere la petizione organizzata dal Movimento 5 stelle in tal senso, diffondendo la conoscenza e favorendo la partecipazione fra cittadini toscani”.

La mozione ha per oggetto l’ultima proposta di legge nazionale diretta all’istituzione di un salario minimo legale e si pone all’interno di un dibattito che si è accesso, e ha preso piede, a seguito della pandemia da Covid-19, quando gli Stati europei si sono trovati a fare i conti con le conseguenze che questa catastrofe, sommata alla crisi economica già in atto, ha prodotto sui tessuti economici e sociali nazionali. In particolare, ciò ha spinto l’Unione Europea a riflettere non solo sul fatto che i salari minimi adeguati costituiscono un elemento essenziale del modello di economia sociale di mercato europeo, ma anche su come la convergenza tra gli Stati membri su questo tema possa contribuire alla “promessa di una prosperità condivisa nell’Unione”.

Sul punto, il Parlamento Europeo, nella risoluzione del 22 ottobre 2020, ha identificato, in modo chiaro, l’attuale stato di salute del tessuto economico e sociale della zona euro, affermando che l’Unione Europea sta attraversando la recessione economica “più grave della propria storia”, che comporterà una drastica contrazione del PIL dell’Ue (circa -8,3%) e dell’eurozona (circa -8,7%).

A ciò si aggiunga, come prosegue la risoluzione, che la crisi pandemica è andata non soltanto ad aggravare una situazione già fragile, in quanto i suoi effetti hanno colpito soprattutto i cittadini che erano già a rischio povertà prima della pandemia, ma ha anche messo sotto pressione i sistemi nazionali di protezione sociale, diretti a garantire condizioni di vita dignitose e l’accesso ai servizi essenziali quale salute e istruzione alla comunità. 

Il Parlamento Europeo, poi, pone l’attenzione su quella che identifica come “l’esigenza sociale più urgente” ossia la disoccupazione. In merito, viene messo in luce come la crisi economica prima e la pandemia dopo abbiano messo a dura prova anche il mercato del lavoro, aggiungendo che il suo deterioramento “probabilmente limiterà gli aumenti di salari e stipendi e indebolirà il potere contrattuale dei lavoratori”. 

Quanto rilevato, afferma il Parlamento Europeo, aumenta il rischio che le disparità regionali e territoriali tra gli Stati membri e a livello nazionale aumentino.

Prima di soffermarci, seppur sinteticamente, sul contenuto della pdl n. 1275, oggetto della mozione regionale toscana n. 1384/2023, risulta utile comprendere quale sia il contesto europeo nel quale nasce e si sviluppa l’idea del “salario minimo”.

Il salario minimo esiste in tutti i Paesi membri europei. In particolare, in 21 Paesi è presente il salario minimo stabilito per legge o da altre disposizioni giuridiche vincolanti, mentre nei restanti sei Paesi membri (tra cui l’Italia) il salario minimo è disciplinato solo dalla contrattazione collettiva.

Secondo i dati forniti da Eurostat (2020) tra i 21 Paesi con salario minimo legale si registrano notevoli differenze in relazione all’importo minimo previsto: dai 312 euro della Bulgaria ai 2.142 euro del Lussemburgo. Sempre Eurostat mette in relazione tra loro i Paesi con salario minimo legale, definendo tre gruppi: Paesi con salario minimo legale inferiore ai 500 euro (Bulgaria, Lettonia, Romania e Ungheria; Paesi con salario minimo legale compreso tra 500 euro e mille euro (Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Estonia, Lituania, Grecia, Portogallo, Malta e Slovenia); Paesi con salario minimo legale di almeno mille euro al mese (Spagna, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Irlanda e Lussemburgo); ovviamente, i divari esistenti tra un Paese e un altro devono essere valutati alla luce di due importanti fattori: il costo della vita e il rapporto tra salario minimo e potere di acquisto.

Dopo il voto favorevole del Parlamento Europeo (14.09.2022) e l’approvazione da parte del Consiglio dell’Unione Europea (04.10.2022), lo scorso 25 ottobre 2022 è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea la Direttiva (UE) 2022/2041 relativa ai salari minimi adeguati nell’Unione europea, entrata in vigore venti giorni dopo la sua pubblicazione. 

La Direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri entro novembre 2024.

Obiettivo della Direttiva, si legge al considerando 19, non è quello di armonizzare il livello dei salari minimi nell’Unione, né tantomeno di istituire un meccanismo uniforme per la determinazione dei salari minimi1, così come non vi è la volontà della stessa di interferire con la libertà degli Stati membri di fissare salari minimi legali o di promuovere l’accesso alla tutela garantita dal salario minimo prevista dai contratti collettivi.  

La finalità è quella di migliorare le condizioni di vita e di salute dei lavoratori mediante prescrizioni minime a livello europeo sia per garantire l’adeguatezza dei salari minimi, sia per potenziare l’effettivo accesso dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo, sia esso sotto forma di salario minimo legale, laddove esista, o di salario minimo determinato dalla contrattazione collettiva, così come definita dalla presente Direttiva. Quest’ultima tende a voler far convergere verso l’alto le retribuzioni minime europee nel rispetto delle specificità di ogni Stato membro.

Prima di passare sul piano nazionale, giova richiamare il principio n. 6 del Pilastro europeo su diritti sociali (2017), il quale, oltre a ribadire il diritto dei lavoratori a una retribuzione equa che offra un tenore di vita dignitoso, afferma, al suo secondo paragrafo che “Sono garantite retribuzioni minime adeguate, che soddisfino i bisogni del lavoratore e della sua famiglia in funzione delle condizioni economiche e sociali nazionali, salvaguardando nel contempo l’accesso al lavoro e gli incentivi alla ricerca di lavoro. La povertà lavorativa va prevenuta”.

Sul piano nazionale si sono susseguite, negli anni, diverse proposte di legge sul tema, ma nessuna ha mai avuto un seguito. 

La mozione regionale n. 1384/2023 si muove proprio nell’ottica di dare evidenza, e quindi seguito, alla pdl 1275 depositata alla Camera dei deputati lo scorso luglio ed avente per oggetto l’introduzione di un salario minimo legale in Italia.

A seguito del blocco della discussione della pdl in Parlamento, è stata avviata una petizione, a norma dell’art. 50 Cost., per cercare di sbloccare l’esame della proposta di legge.

Come riporta la mozione in esame, la proposta di legge n. 1275, se approvata, porterebbe:

  • Al rafforzamento della contrattazione collettiva, in quanto i/le lavoratori/trici di ogni settore economico avrebbero una retribuzione complessiva prevista dal contratto collettivo firmato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, contrastando, così facendo, i c.d. contratti pirata2;
  • All’introduzione di una soglia salariale di 9 euro lordi all’ora come minimo tabellare, sotto la quale nemmeno la contrattazione collettiva potrà scendere. 

La mozione infine evidenzia che negli ultimi anni sono state presentate al Consiglio Regionale altre mozioni sul tema del salario minimo che, tuttavia, non hanno avuto seguito3.

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  1. Al riguardo, si precisa che la Direttiva UE 2022/2041 non stabilisce il livello delle retribuzioni, potere questo che rientra e rimane tra i diritti delle parti sociali a livello nazionale e nella competenza dei singoli Stati membri. ↩︎
  2. La mozione riporta che al Cnel risultano depositati quasi 1000 contratti di lavoro collettivi e tra questi, il 37,5% risulta firmato da associazioni fittizie. ↩︎
  3. I riferimenti sono: – mozione n. 648/2021 e n. 1014/2022 (entrambe decadute); – mozione n. 1365/2023. ↩︎